Metroromantici

Metroromantici”, la poesia 3.0 dei Poeti der Trullo che celebra le periferie romane diventa un radiodramma. A sei anni dalla loro ultima pubblicazione ufficiale, ovvero il libro “Metroromantici”, il collettivo urbano romano torna con un nuovo progetto per il quale diventano autori e produttori. Dalla poesia di strada, che li ha consacrati come veri e propri pionieri fondatori di una “scuola romana”, decidono ora di sperimentare un nuovo linguaggio e misurarsi con uno scenario globale.

Er Bestia, Er Quercia, Marta der Terzo Lotto, Sara G., Er Farco e Inumi Laconico, questi i nomi dei membri del collettivo che da sempre vogliono restare anonimi, tornano con un lavoro che mescola prosa e poesia, riportando alla luce quel radiodramma che dagli Anni ’20 ha appassionato migliaia di ascoltatori in tutto il mondo.

Grazie alle nuove tecnologie digitali e alla sensibilità degli autori nell’intercettare la contemporaneità, questo lavoro vuole riportare nel presente il genere del radiofilm senza tralasciare l’attenzione verso il componimento poetico che da sempre ha caratterizzato le loro iniziative.

I 45 minuti del racconto sono affidati alle voci attoriali di Elisabetta De Vito, Francesco Giordano, Lorenzo Parrotto e Riccardo Parravicini, coordinati dal regista Andrea Rusich che con gli autori hanno sviluppato storie di strada sullo sfondo di una Roma periferica, dove risuona la musica rap. All’interno delle vicende si aprono poi 12 finestre poetiche, dei quadri isolati ma che con il racconto trainante sono collegati. Un’unica voce narrante che lascia di volta in volta il posto a voci diverse a cui sono affidate le poesie del collettivo.

Foto Alessio Quaranta

Poeti der Trullo come siete approdati su Spotify?

Con l’uscita di questo nuovo progetto “sonoro”. Non un semplice podcast ma un Radiofilm. Rappresenta una sfida: in tempi in cui vanno molto i podcast a episodi brevi noi siamo piombati con un piccolo film da ascoltare, della durata di 45 minuti.

Avreste avuto successo anche con una città diversa da Roma che vi fa da cornice?

Non lo sappiamo, ma sicuramente Roma ci ha supportato molto: con il suo immenso repertorio di storie, di passioni, di emozioni. Avremmo avuto qualcosa da raccontare in ogni altro luogo: la nostra è una necessità che avrebbe trovato ovunque lo stimolo ad esprimersi.

Cosa rappresenta per voi la poesia?

La poesia è uno sguardo, una prospettiva da cui si osservano le cose, gli ambienti, le persone. Non è solo tecnica e metrica bensì una capacità di ascolto, di silenzio, di empatia.

Foto Alessio Quaranta

La scelta del radiodramma non può risultare anacronistica?

Assolutamente sì, ma sentivamo il bisogno di esprimerci con questo mezzo, nel farlo ci siamo impegnati e divertiti molto al tempo stesso. Al di là del risultato in termini di ascolti sappiamo di essere usciti con un bel progetto, che ci rappresenta molto in questo momento.

Un pregio e un difetto di Roma?

Ne ha mille. Il pregio più grande per noi è la sua infinita gamma di storie, di volti, di esseri umani che ci stimola a fare poesia sempre. Al tempo stesso però, nella sua immensità, la città rischia di perdere dei pezzi di umanità: qualcuno resta indietro, qualcuno viene dimenticato, dalle istituzioni, dalla cultura, dal miglioramento.

Come mai in una società dell’apparire avete maturato la scelta di restare anonimi?

Volevamo dare spazio e attenzione al contenuto, alle parole, ai nostri testi e in questa scelta ci è venuto naturale metterci da parte come individui, come singoli, per far emergere un’idea, per mettere al centro il progetto Poeti der Trullo.

Cosa rappresentano le 12 finestre poetiche presenti nell’opera?

Sono vere e proprie finestre che da una stanza principale aprono a diversi ambienti, con suoni, atmosfere, contenuti diversi rispetto alla linea narrativa principale, ma comunque connessi e complici del racconto in prosa che li ospita e li contiene tutti.

Come è cambiato il vostro modo di fare poesia da quando avete iniziato?

Inizialmente esprimevamo la nostra poesia con componimenti immediati e molto diretti. Con il tempo abbiamo sentito la necessità di rivolgerci ad altri linguaggi, il radiofilm rappresenta questa diversa esigenza. Usciranno altri progetti che rappresentano nuove tappe del nostro percorso di evoluzione artistica, in cui ci avviciniamo a forme come la fotografia e il romanzo.

Un augurio che fate a questa città.

Le auguriamo di trovare un momento per fermarsi e per respirare la bellezza che si porta dentro, spesso oscurata da chi vorrebbe sottometterla, appropriarsene, costringerla in ruoli che non le appartengono. Le auguriamo di alzare la testa e di avere più consapevolezza delle sue infinite potenzialità.

 

“Si dovrebbe, almeno ogni giorno, ascoltare qualche canzone, leggere una bella poesia, vedere un bel quadro, e, se possibile, dire qualche parola ragionevole.”

Goethe

 

Valerio Molinaro

 

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