Tutte le modernità del passato


È dal lontano 1997 che Marcello Amici, instancabile anima (e animatore) della compagnia
“La bottega delle Maschere”, propone un’immersione nella vasta poetica di Luigi
Pirandello attraverso una rassegna estiva che, a giorni alterni per la durata di un intero
mese, si fa infaticabilmente portatrice della preziosa e mai bastevole eredità del
drammaturgo siciliano.
Ancor prima di un atto teatrale, “La pirandelliana” è dunque una missione sociale.
Sì, perché Pirandello, autore consumato da messe in scena belle e brutte fino agli anni
Novanta è stato poi scacciato da una malintesa voglia di rinnovamento, da un’avanguardia
drammaturgica quasi sempre pretenziosa e mediocre, ancor più spesso da teatri e
cartelloni che non potevano più permettersi di far quadrare i bilanci con decine di attori sul
palco e, non ultimo, da una perniciosa smania di novità da parte di un pubblico sempre più
diseducato e disinteressato alla riflessione e alla comprensione di sé e del mondo.
Nella società in cui tutti oggi sono personaggi ma senza l’umiltà di cercare un autore, ebbri
della propria superficiale drammaturgia digitale, Marcello Amici rappresenta la vera novità
che assume quasi i contorni della trasgressione: radicarsi nel rigore filologico!
E omaggio più grande alla sacralità dei testi pirandelliani (e al rispetto del pubblico) non si
poteva chiedere. Ecco perché i “Sei personaggi in cerca d’autore”, in scena fino al sette
agosto tutti i martedì, giovedì e sabato nell’incantevole giardino della Basilica di
Sant’Alessio all’Aventino a Roma (in tandem con “I giganti della montagna” nei restanti
giorni, tranne il lunedì) diventa segno di una resistenza nobile che non guarda ad un
passatismo sterile e nostalgico, ma che oppone allo sbriciolamento del ‘nuovo’ tutto il
carico – non sempre facile da sostenere sia per chi li fa che per chi li vede – di testi
immortali.
Amici si tiene ben al riparo da tentazioni contemporaneistiche. Assai meglio la pulizia e la
nuda forza delle parole che chiedono ‘solo’ di essere interpretate senza inutili deformazioni
o protagonismi. E fa bene: un testo solido necessita di attori solidi e di una regia semplice
e compatta. Ed è ciò che i “Sei personaggi” propongono, restituendo quel dolce
struggimento di quando – da liceali – ci si nutriva a teatro di cultura e di emozioni, di
sapere e di esperienze.
Se Marina Benetti (nel ruolo della figliastra) emerge per pulizia interpretativa e rigore
attoriale, l’insieme è comunque molto convincente, anche grazie ad un’accurata scelta dei
costumi e dei movimenti scenici.
Che siate amanti dei classici o giovincelli curiosi di apprendere una sana e reale
modernità, avete l’occasione di fare un salto indietro per farne dieci in avanti: Pirandello
funziona così!

Francesco Giannotti

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