Vincenzo Salemme e la sua comicità napoletana al Teatro Verdi di Firenze.
Il comico napoletano Vincenzo Salemme è, indubbiamente, uno dei nomi di spicco nel cartellone della stagione 2015-2016 del Teatro Verdi di Firenze. In scena con il suo ultimo lavoro teatrale, “Sogni e bisogni, incubi e risvegli”, Salemme offre anche al pubblico fiorentino una piccola lezioncina morale, nascosta sotto il suo sarcasmo che, in fondo in fondo, tanto ridere non fa.
Si potrebbe chiamarlo teatro-panettone. Famoso nel cinema, ma anche nel teatro (solo apparentemente meno frequentato), Vincenzo Salemme è calamita per un assemblaggio di generazioni diverse. Il titolo, a dire il vero, rimanda a qualcosa di profondamente serio, a quattro elementi essenziali della vita umana che provocano le più grandi e inconsce preoccupazioni e turbe mentali: i sogni, i bisogni, gli incubi, i risvegli. Quattro essenze connesse tra loro che, certamente, influenzano e condizionano l’esistenza di un singolo individuo, ma non la caratterizzano pienamente, poiché appartengono alla sfera dell’inconscio, quello che, appunto, si fa sentire durante il sonno, attraverso incubi e sogni, per poi svanire durante la veglia, o meglio, per trasformarsi in quelli che sono i bisogni più umani e che, per assurdo, spesso non comprendiamo o non accettiamo. Soggetto della messinscena è il famoso romanzo di Moravia, “Io e Lui”, modificato e rivisto da Salemme, che lo fa proprio. Protagonisti del plot sono, in entrambi i casi, Rocco Pellecchia e il suo organo genitale; quest’ultimo si separa dal proprio corpo come segno di protesta per essere in ogni modo sottovalutato.
La trama è certamente satirica, ad alti livelli di comicità, ma non volgare. Riflettendo bene, si dovrebbe riconsiderare o rivalutare la definizione di teatro-panettone: ispirata al noto cine-panettone, non deve per forza essere intesa negativamente, come i più accaniti cinefili farebbero. Il cinema, nel suo prodotto finito, non mostra, bensì nasconde perfettamente tutto il lavoro che sta dietro al film ormai confezionato, così risulta difficile percepirne la fatica e l’eventuale preziosità. Certamente esiste cinema-spazzatura, teatro-spazzatura, arte-spazzatura in generale, ma l’arte non nasce mai per essere spazzatura. Il teatro, al contrario del cinema, concede ad attori, registi, scenografi, tecnici ecc. la possibilità di mettere in mostra la propria maestria professionale. Quella di Vincenzo Salemme è immensa. Il suo non è un semplice interloquire nel dialetto della sua città natia, ma è una grande tecnica teatrale, una perizia nell’uso della voce e della dizione, una capacità mimetica, una padronanza assoluta nell’uso dello spazio scenico e del proprio corpo. È un maître de ballet di una danza di risate che avvolge tutti, dal palco agli spalti.
L’intera compagnia è degna del tutto, un po’ per la capacità degli artisti, un po’ perché avvolta da una regia che è opera della star della serata. Dopo due ore di risate, cosa accadrebbe se ci accorgessimo che il povero Rocco Pellecchia è, in realtà, un malato psichiatrico che ha perso la testa dopo l’abbandono da parte della moglie, tanto da credere di aver perso il proprio pene? Tutto si trasforma in una realtà molto triste. In fondo, la comicità è triste: ci fa ridere a crepapelle delle disgrazie altrui, ci beffa perché ci rende sadici, quasi crudeli, senza farci rendere conto che la goffaggine di un personaggio è data da problemi fisici o mentali che s’impossessano di lui. Vincenzo Salemme, a fine spettacolo, dopo essere già stato sul proscenio alla ricerca di un altro corpo a cui appartenere, torna a rivolgersi al pubblico. Parla dei suoi tempi, della purezza di quel periodo, del regolare alternarsi delle stagioni, di quanto i rapporti erano reali e non virtuali, come se la colpa fosse dei giovani. Le nuove generazioni sono sempre prese come simbolo della modernità più incombente, ma in verità i giovani non sono creatori di questa modernità: solo si adattano ad essa allo scopo di sopravvivere.
Tutta la comicità sparisce in un batter d’occhio, per lasciar spazio ad una visione disincantata su un presente inquinato da uomini e donne che non riescono a ritrovare se stessi, la propria passione nella vita, nel lavoro, nella famiglia, nella relazione coniugale e sessuale. Ed ecco che il teatro-panettone si mostra nella sua ricchezza: riunire un pubblico portatore di tante età diverse, di tante culture diverse, di tanti interessi diversi, farlo divertire all’unisono, farlo riflettere su nodi della vita che sono comuni a tutti e che spesso rimangono ingarbugliati ed irrisolti perché celati nell’inconsapevolezza. Pensare e migliorarsi non è una missione impossibile per un pubblico coraggioso, e Salemme ringrazia i suoi spettatori proprio per il coraggio, in un momento storico e politico così difficile, di andare a teatro, di sapersi distrarre con l’arte, di uscire di casa e recarsi in posti affollati suscettibili di attentati. Un’arte degna ci fa riflettere sulla vita, ci fa ritrovare amore e vigore: è come se Salemme ci avesse detto di non avere paura di morire, se tale paura ci porta a smettere di vivere.
Firenze – TEATRO VERDI, 15 gennaio 2015.
Benedetta Colasanti
SOGNI E BISOGNI, INCUBI E RISVEGLI – Scritto, diretto e interpretato da Vincenzo Salemme; produzione: Diana OR.I.S. – Chi è di scena; interpreti: Nicola Acunzo, Domenico Aria, Sergio D’Auria, Andrea Di Maria, Antonio Guerriero; scenografia: Alessandro Chiti; costumi: Mariano Tufano.