Sarah Falanga rilegge con maestria Mia Martini
Scintille di poesia al Teatro Instabile

 

Gli omaggi ad un artista che ha lasciato una traccia indelebile nella nostra memoria possono essere creati in mille modi: quello che Sarah Falanga ha scelto per parlare (e cantare) di Mia Martini è coraggioso, originale e sorprendente. “Mi chiamano Mimì”, al Teatro Instabile di Napoli, è innanzitutto Musica. Magistralmente accompagnata sul palco dal pianoforte di Raffaele Perfetto e dalla batteria di Davide Ferrante, l’attrice e cantante partenopea interpreta con potente mimica e rarefatta gestualità un repertorio spinoso e ricchissimo, che – proprio nelle sue hit più celebri, dove i confronti sono in agguato – presenta notevoli insidie. La Falanga, che canta benissimo, attinge alle sue qualità di interprete per smarcarsi, e poi – di colpo – aderire, dal ricordo di Mimì, con prove mai banali che ipnotizzano ed emozionano. Se sul palco, qua e là, si avverte un po’ di disordine – che poi si risolve in improvvisata energia, quello che resta è una idea forte e interessante di meta-teatro, con gli interventi mirati, e ben cantati, di Christian Mirone, e l’eleganza della giovane e brava Giusy Paolillo, che con Marco Gallotti correda il parco-attori, cui si aggiunge la piccola Maria Vittoria Lembo.

Si respira un’aria allegra e informale, lontanissima da certi lugubri omaggi, che della cantante calabrese raccontano solo i drammi e i conflitti interiori. Non manca l’intensità, certamente, ma il “focus” dello spettacolo resta, giustamente, la musica. La libertà, di cui purtroppo solo in parte Mia Martini ha potuto godere nel suo troppo breve transito terrestre nell’arte, qui emerge, e a tratti esplode, con vitale esuberanza. Da qualche parte dell’universo, siamo certi, Mimì approva.

Antonio Mocciola

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