Prende forma ROTHOLANDUS, da aggregazioni e grappoli di idee

Prima che per la qualità spettacolare, una serata di beneficenza si qualifica per l’affluenza del pubblico, la validità degli obiettivi sociali o umanitari, la generosità degli artisti che vi prestano la loro opera. Elementi, questi, che avevano positivamente caratterizzato negli anni passati le serate organizzate a favore dell’ospedale Alyn di Gerusalemme, punto di eccellenza pediatrica di tutto il Medio Oriente, senza distinzione di religione né di etnia. Vi avevano partecipato, tutti a titolo gratuito, Enrico Intra, Uri Caine, la Compagnia EgriBiancoDanza (tuttora diretta da quella Susanna Egri – la ricordate? – oggi novantenne, pioniera dei balletti della neonata Rai TV), Fabrizio Gifuni, Gigio Alberti, Philippe Daverio, per citare solo i personaggi più noti.

Ma quest’anno si è verificato un fatto nuovo. Una serie di fortuite occorrenze ha creato i presupposti per la realizzazione di uno spettacolo organico. Sarebbe arduo ricostruirne la complessa genesi: l’idea primigenia nasce dall’incontro fra il compositore Ivan Bert e la regista Roberta Lena. Da qui, per aggiunte, aggregazioni successive, grappoli di idee, prende forma Rotholandus, un nome mutuato da Italo Calvino, che lo utilizza in una sua geniale volgarizzazione dell’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto.

La seduzione di questa operazione sta proprio nella sua natura polimorfa, nella quale confluiscono e si intrecciano almeno tre diversi registri espressivi: l’immagine, la parola, la musica.

La prima è affidata all’illustrazione digitale, che restituisce le fantasie ariostesche alternando paesaggi favolosi di castelli e foreste a saettanti sagome di armigeri su cavalli al galoppo, o di un minaccioso ippogrifo, tracciate con mano sicura, in tempo reale, da Cosimo Miorelli: una fascinosa contaminazione figurativa fra Pieter Bruegel e i fumetti di Danijel Žeželj.

La parola è quella, arguta, di Calvino, fatta propria e integrata con intrusioni personali da uno scatenato, beffardo Gigio Alberti, che riesce a trasformare l’evocazione di una battaglia fra Mori e Cristiani nell’esilarante radiocronaca, alla Nicolò Carosio, di una partita di calcio. In questo trascinante profluvio verbale si incastonano, come preziosi reperti d’antan, le sonanti ottave cinquecentesche di Ariosto, proposte con apparente svagatezza da Roberto Zibetti.

Buona ultima, la musica: un continuum che è il collante, la colonna sonora che commenta in understatement le vicende. Alcuni suoni sono prodotti elettronicamente, come quelli in cui le basse frequenze fanno entrare in risonanza i precordi; altri risultano dalla campionatura e rielaborazione di rumori naturali (stormir di fronde, chiacchiericcio da bettola); altri ancora derivano da strumenti concreti (tegole, piastrelle, piramidi di acciaio, fatte risuonare ad arte). Ma da questo fluire sonoro emergono, a tratti, momenti di una espressività più delicata, emotivamente più implicanti, affidati ora alla tromba con sordina di Ivan Bert, ora alla chitarra di Giorgio Mirto, ora alla duttile, sensuale voce di Celeste Gugliandolo.

Ciò che sorprende uno spettatore cresciuto in un’era non ancora dominata dalla moderna tecnologia, è la presenza invasiva del digitale. Ogni fonema sonoro, ogni fibra di quel complesso insieme confluisce alla consolle, visibile in fondo al palco, ove siede Gup Alcaro – sound designer insignito del premio Ubu 2014 – che filtra, rielabora, restituisce i colori di un tessuto musicale che sembra uscito con naturalezza dagli strumenti, dalle emissioni vocali, arricchito da qualche rumore naturale, mentre è invece il risultato di una orchestrazione complessa e accurata.

È il miracolo del teatro, dove il trucco c’è, ma non si vede: perché dietro c’è l’anima.

Rotholandus è stato invitato all’Istituto Italiano di Cultura a Parigi, il 21 aprile, ma si vorrebbe che, oltre ai cinquecento spettatori entusiasti che hanno riempito la sala grande del Franco Parenti di Milano, un lavoro di tale impegno, oltre che di riuscita spettacolare, divenisse fruibile per un pubblico più vasto.

Rotholandus: progetto a cura di Ivan Bert; idea e regia di Roberta Lena

Con: Gigio Alberti, Roberto Zibetti

digital live painting: Cosimo Miorelli

voce: Celeste Gugliandolo

chitarra: Giorgio Mirto

live electronics: Gup Alcaro

tromba/concrete, Ivan Bert

riduzione letteraria: Roberta Lena, Roberto Zibetti, Thuline Andreoni, Gigio Alberti

costumi: Patrizia Gilli

Visto al Teatro Franco Parenti di Milano il 14 marzo 2016

 

Claudio Facchinelli

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