“Occhi delinquenti” rievoca Giovanni Passannante
Mocciola chiude il cerchio della trilogia anarchica

“Occhi delinquenti” rievoca Passannante.

Il tentato omicidio di Re Umberto e le sue conseguenze allo ZTN.

Non fu l’unico ad averci provato, anche Pietro Acciarito tentò lo stesso e solo Gaetano Bresci alla fine ci riuscì.

Re Umberto I era un personaggio scomodo per il popolo del sud e il malcontento generò gesti forti e disperati.

“Occhi delinquenti” pone i riflettori sul primo tentato omicidio al regnante da parte di Giovanni Passannante.

Lo spettacolo scritto a quattro mani da Antonio Mocciola ed Edgardo Bellini è stato portato in scena presso lo ZTN di Napoli.

Scarna la scena, solo una piantina di limoni, uno sgabello ed una bandiera italiana, una grossa ombra sul palco.

La storia ha del macabro: nemmeno un graffio al re, ma per l’intenzione mostrata, il giovane uomo lucano ebbe una sorta terribile.

Quasi murato vivo, per dieci anni in una cella sotto il livello del mare senza sbocchi e senza alcuna cura di sé stesso.

Sulla scena l’uomo racconta la sua vicenda, dalla vita semplice di contadino al dramma famigliare della fame costante.

La vendita della sua misera giacca gli permise di ottenere un temperino col quale tentò il folle gesto, purtroppo invano.

Gli “Occhi delinquenti” di Passannante, nella sua limitata cella, vengono anche osservati molto da vicino da Cesare Lombroso.

Il padre della fisiognomica studiò la sua corporatura e tentò di conoscere dettagli sull’individuo definendolo “fisiognomicamente atto a delinquere”.

Ottima la prova d’attore del giovane Francesco Petrillo, che porta sotto i riflettori un personaggio forte e debole allo stesso tempo.

Dolce nella sua ingenuità da villico e forte nel suo impeto di chi vuole cambiare il mondo, riesce perfettamente a sostenere anche le scene più dure.

Vincenzo Nigri veste con dignità e rigore il ruolo di Lombroso, lasciandosi andare nel finale ad una svolta inaspettata.

Giuseppe Brandi entra in scena solo nelle ultime battute, ma col suo personaggio rappresenterà l’ultimo passaggio della vita del protagonista.

La scrittura di Mocciola e Bellini riesce a descrivere con dovizia di particolari un episodio importante del meridione d’Italia.

Senza sconti e senza filtri come, una vicenda di questo tipo, che mette in discussione la dignità umana, richiede.

Gaetano Cutri

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