Massimo Villucci protagonista di “Damnatio”
“Sarò un prete nudo, lercio, legato e finalmente sincero”

 

Il 12 ottobre, presso la sala teatrale Adads di Milano, debutterà “Damnatio – la disciplina del perdono”, uno spettacolo di forte impatto, con un tema importante (la pedofilia, la concezione della carne per le scritture sacre, il plagio, l’abuso, l’autoanalisi) e una messa in scena altrettanto potente. Un prete alla gogna, nudo, legato, sottoposto a un serrato interrogatorio. Materiale incandescente, perfettamente coerente col percorso autoriale di Antonio Mocciola, che ne cura anche la regia. Massimo Leonardo Villucci, interprete principale, ne illustra le linee, parlandoci anche un po’ di sé.

Come nasce la scintilla che ti ha fatto divenire attore, e quale è stato finora il tuo percorso

La mia curiosità di esplorare il mondo attorale è avvenuta attraverso un laboratorio condotto da Renzo Martinelli e Federica Fracassi nel 2000 in un locale-magazzino sul retro di un cinema del paese in cui vivevo. La loro bravura, nel concedere ad ogni partecipante la possibilità di esprimersi attorialmente al meglio, mi ha fatto scattare quella scintilla che mi ha portato a frequentare e terminare con il diploma una scuola di teatro come “Quelli di Grock” a Milano. Subito dopo gli studi ho fatto un provino per uno spettacolo in Svizzera e da lì è iniziata la mia avventura come attore partecipando a diverse produzioni italiane e svizzere. La mia formazione è proseguita con diversi registi come Irina Casali, Cesar Brie, Serena Sinigaglia, Chiara Claudi, Vittorio Vaccaro. Successivamente ho approfondito le tecniche sulla voce dandomi la possibilità di lavorare come speaker con diverse case di produzione italiane. Collaboro, inoltre, come “formAttore” anche con realtà aziendali e associazioni che si occupano di disabilità ed utilizzo le tecniche teatrali come strumento altamente formativo.

Il 12 ottobre debutta” uno spettacolo che ti vede protagonista, con la partecipazione di Samuele Valenti. Com’è stato l’incontro con l’autore e regista  Antonio Mocciola?

Ho incontrato, diversi mesi fa, Antonio Mocciola ad un suo spettacolo (“Cartoline da casa mia”) e mi propose di partecipare a “Damnatio”. Mi colpì una sua frase: “Quando coinvolgo un attore-ttrice in un mio progetto è come se fosse un matrimonio, un connubio tra due anime che si concedono artisticamente”. 

Gli chiesi qualche giorno per pensarci e, subito dopo, gli risposi attraverso un regalo, una scatola di confetti.

Antonio è molto rispettoso dei suoi attori e dei suoi testi ed io sono felice di averlo incontrato e di prendere parte in “Damnatio”.

Di cosa parla lo spettacolo, e nello specifico il tuo personaggio?

Interpreto il ruolo di un uomo che si ri-trova a dover fare i conti con il passato, con la sua storia e con la sua identità. Un uomo che si rifugia nella Chiesa per non volersi “vedere” realmente ed accettarsi per quello che è. Un uomo profondamente in-castrato, carnefice e vittima di abusi psicologici.

Per tutto lo spettacolo sarai completamente nudo e per giunta con le mani legate, affidando alla tua sola voce e al tuo corpo il senso dello spettacolo. Come ti approcci a questa esperienza? Come vivi il rapporto col tuo corpo? Il pensiero che sei, nudo, davanti a tanta gente conosciuta e sconosciuta, ti da’ più carica, ti può intimidire o semplicemente ti concentri sul tuo ruolo?

Per me sarà un’esperienza nuova in quanto è la prima volta che mi trovo in scena completamente nudo. Sarà un impatto molto forte con il pubblico che verrà coinvolto e trasportato direttamente nella storia anche come parte attiva. Ho un buon rapporto con il mio corpo e penso che una volta che verrò catapultato nella storia, per me, la nudità passerà in secondo piano.

All’interno del tuo percorso attoriale, come si inserisce “Damnatio”? 

“Casca a pennello!” perché avevo voglia di mettermi alla prova con un lavoro complesso e con un personaggio che risulta lontano da quello che sono io, aggiungendo la nudità fisica.

Se dovessi indicare al pubblico che volesse conoscerti come attore uno spettacolo, uno soltanto, che ti rappresenta al meglio, quale indicheresti?

“Machbeth” di Shakespeare diretto da Maurizio Salvalalio. Ho indossato le vesti del protagonista. E’ stata un’esperienza gratificante sia dal punto di vista artistico che umano.

C’è qualcosa che in teatro, mai e poi mai, ti sentiresti di fare?

Ad oggi non mi precludo nulla!

Se c’è qualcuno che ti ha fatto emergere come attore, a chi devi dire grazie?

Voglio ringraziare quella parte di me che ancora oggi non mi ha lasciato e che si chiama “determinazione”. E’ lei che mi aiuta a percorrere una strada molto tortuosa e che mi sostiene nei momenti più difficili.

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