All’inizio del prossimo anno debutterà uno spettacolo destinato a far discutere, e che pone al centro dell’attenzione – in tutti i sensi – un giovane attore di Trecase atteso a una prova non facile. Esprimere sul palcoscenico, da solo, senza scene nè oggetti e sempre completamente nudo, l’estasi mistica di tutti gli uomini e le donne che la storia della Chiesa annovera come santi, martiri e beati. Ma è inevitabile vederci dietro ben altro. La nuova provocazione di Antonio Mocciola si chiama “Tortura su tela”, e dipinge un mondo che slitta dall’erotico al mistico senza soluzione di continuità. L’ultima scommessa del drammaturgo partenopeo, Alfonso Di Leva, ci anticipa qualcosa dello spettacolo e si mette a nudo – letteralmente – per i nostri lettori.
Come nasce la scintilla che ti ha fatto divenire attore, e quale è stato finora il tuo percorso? Il fatto di essere nato in provincia è stato un limite o una marcia in più?
La scintilla che mi ho portato ad intraprendere, almeno ci si tenta, questo percorso è sempre stata la volontà di andare fuori da me, la curiosità, il cercare e l’innata famelica voglia di essere amato e apprezzato. Il mio percorso iniziò col teatro amatoriale a Leopardi (frazione di Torre del Greco) per poi sfociare nella Scuola di Teatro di Bologna Alessandra Galante Garrone, però il percorso s’interruppe per problemi personali e per sei anni non sfiorai le assi di un palcoscenico. Giurai a me stesso che mai più le avrei calcate e che mai più un faretto m’avrebbe illuminato, ma come il canto delle sirene quel mondo mi attira più famelico e curioso di prima. Il fatto dell’essere nato in provincia, è sia croce che delizia, vengo da un paesino alle pendici del Vesuvio, Trecase, immerso in una stasi quasi verghiana, la provincia a mio avviso ti tempra ma allo stesso tempo ti instilla quella volontà di evasione.
Il prossimo anno debutta “Tortura su tela” un monologo che ti vede protagonista assoluto. Com’è stato l’incontro con l’autore e regista Antonio Mocciola?
Già, e sono in ansia fin da adesso. L’incontro con Antonio è avvenuto in una fase della mia vita in cui ero dubitavo di me, in cui perplessità e malinconia mi “torturavano”, è stato quasi voluto da qualche entità, e ovviamente anche grazie ad un amico comune.
Di cosa parla lo spettacolo, e nello specifico il tuo personaggio?
Il mio più che essere un personaggio è la volontà di trascrivere in un senso quasi freudiano e carnale quell’estasi dei Santi e dei Beati, il martirio e l’estasi non sono forse la massima espressione di un piacere desiderato? Non sono forse la volontà di giustificare un desidero erotico che altrimenti verrebbe considerato come sbagliato ed inappropriato?
Per tutto il monologo sarai completamente nudo, affidando alla tua sola voce e al tuo corpo il senso dello spettacolo. Come ti approcci a questa esperienza? Come vivi il rapporto col tuo corpo? Il pensiero che sei da solo, nudo, davanti a tanta gente conosciuta e sconosciuta, ti da’ più carica, ti può intimidire o semplicemente ti concentri sul tuo ruolo?
L’essere nudo, giustificato poiché non ho mai visto un martire vestito, l’ho affrontato piano piano, con Antonio stiamo cercando la giusta confidenza. Sai, col mio corpo non ho mai avuto un bel rapporto, posso dire che mi aborro e non lo dico per captatio benevolentiae ma forse è la volta buona che posso sfidare me stesso e permettermi così di concentrarmi non sull’essere nudo ma sul significato che il nudo ha in quel preciso momento.
All’interno del tuo percorso attoriale, come si inserisce “Tortura su tela”? E’ il tuo primo monologo?
Assolutamente è il mio primo -e si spera non ultimo- monologo, un grande atto di fiducia, una grande sfida.
Se dovessi indicare al pubblico che volesse conoscerti come attore uno spettacolo, uno soltanto, che ti rappresenta al meglio, quale indicheresti?
Probabilmente un dramma borghese, forse le “Città Morte” di Gabriele D’Annunzio per la complessità dei personaggi e per gli istinti repressi.
C’è qualcosa che in teatro, mai e poi mai, ti sentiresti di fare?
In teatro non esiste il MAI, ma esiste l’occasione giusta al momento giusto.
Se c’è qualcuno che ti ha fatto emergere come attore, a chi devi dire grazie?
Oddio, emergere, per ora mi sento un granello di sabbia sulla riva del Mondo, sicuramente Antonio mi ha dato un impulso e magari sarà quello giusto.