Manlio Sgalambro: il pensiero, la poesia
Quando la filosofia diventa arte

 

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Ero solo, come un ombrello su una macchina da cucire. Alle pendici dei monti Iblei, a settentrione. Ho percorso il cammino, arrampicandomi, per universi e mondi, con atti di pensiero e umori cerebrali”. Con questi folgoranti versi, ispirati da Leautreamont nell’incipit, cominciava la collaborazione di Manlio Sgalambro con Franco Battiato, destinata a durare vent’anni esatti. Nato a Lentini, dove le dolcezze aretusee della nobile Siracusa cominciano a mescolarsi con i sapori aspri dell’Etna, Manlio Sgalambro entrò a gamba tesa nel panorama musicale italiano, sovente analfabeta, senz’altro poco incline alla trasgressione. Il conterraneo Battiato, reduce dal raffinato “Caffé de la Paix” mostrava insofferenza nella scrittura dei testi, e il lucido pensiero del filosofo lentinese gli parve sollievo, e occasione d’oro per tornare a fare il musicista, e, perchè no, l’interprete (come avvenne, anni dopo, per i tre Fleurs). Le parole scomode di Sgalambro fecero storcere il naso ad alcuni fans della prima ora dell’artista di Riposto, ma ne conquistarono altri. E Sgalambro (fin lì noto per lo più per il libro “La morte del sole”), trovò un’inattesa popolarità. Molti i saggi pubblicati da Adelphi, e non solo (la siciliana Il Girasole, ad esempio), tutti di tagliente, adamantina logica. Nietsche, Ciorlan, Shopenauer, così si forma il pensiero del “Professore” (ma nulla di più lontano da lui del mondo accademico). Sembra incredibile che dalla sua penna, insieme a quella di Battiato, sia sorta la canzone d’amore per eccellenza degli anni ’90, “La cura”. Se ne va nella sua Catania, uno degli intellettuali più importanti e fervidi del nostro secolo, alle soglie dei 90 anni. La sua “terza età” si è spesa tra le luce dei palcoscenici, con divertito rigore. Aveva molti nemici, qualcuno si vedrà, come sempre accade, anche ai funerali di domani. Il suo pensiero feroce, spietato (in senso stretto) e tagliente ha scontentato molti, ha deluso altri, ha fatto innamorare moltissimi. Splendido esempio di onestà e di lucidità. Ma anche, sic parva licet, di bellissima letteratura.

                                                                                                                                                                              Antonio Mocciola

 

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