“Madama Butterfly”, splendida partenza
della stagione del Comunale di Bologna

Madama Butterfly

Cio-Cio San: Zarina Abaeva

Pinkerton: Antonio Poli

Suzuki: Aloisa Aisemberg

Sharpless: Angelo Veccia

Kate: Claudia Ceraulo

Goro: Cristiano Olivieri

Zio Bonzo: Huan Hong Li

Yamadori: Paolo Orecchia

Commissario Imperiale: Luca Gallo

Ufficiale del registro: Enrico Piccinni Leopardi

Direttore d’orchestra: Daniel Oren

Maestro del Coro: Gea Garatti Ansini

Regia: Gianmaria Alivena

Costumi: Stefania Scaraggi

Teatro Comunale di Bologna

Il debutto di Butterfly nella stagione d’opera del teatro Comunale di Bologna del 2023

Con la nuova edizione di Madama Butterfly messa in scena dal teatro Comunale di Bologna ha ufficialmente presso l’avvio della stagione lirica del Massimo felsineo presso la sala del Comunale Nouveau: spazio posto in una zona più periferica della città ma facilmente raggiungibile e che per ben quattro anni costituirà la casa dei bolognesi amanti dell’opera in attesa del completo restauro della Sala storica.

Esauriente, a tal punto, le parole del Sovrintendente, dott. Fulvio Macciardi che, pochi minuti prima dell’inizio dello spettacolo, ha raccontato al pubblico presente le difficoltà di reperire ed allestire uno spazio, nato per esigenze affatto diverse da quelle di una messa in scena operistica, che è stato opportunamente adattato e reso fruibile grazie alla professionalità ed all’entusiasmo delle maestranze tutte.

Ed in effetti l’acustica è apparsa sin da subito nitida e non ha di certo fatto rimpiangere la pienezza e la rotondità del suono offerto dalla sala Bibiena; orchestra posta in un “golfo mistico” non in eccessiva profondità e la particolare conformazione della sala “a ventre di balena” ha indubbiamente agevolato la propagazione del suono in modo omogeneo, privo di echi o riverberi, la cui particolare compattezza in certi momenti ha leggermente coperto le voci imponendo al direttore d’orchestra Oren un lavorìo particolarmente complesso proteso all’adattamento della timbrica orchestrale in una forma che ottimizzasse la proiezione delle voci.

Ed in effetti si può ben dire che l’arte della direzione di Daniel Oren si identifichi particolarmente con quest’opera che il maestro ama particolarmente ed ha fatto propria al punto tale che potrebbe tranquillamente dirigerla a memoria: innumerevoli sono le rappresentazioni che l’hanno visto protagonista al podio con l’entusiasmo che notoriamente caratterizza la tecnica ed il gesto. Vigorosa la concertazione Oren il quale ha lasciato che l’orchestra cantasse assieme ai cantanti concedendo ai leitmotiv della partitura una fluidità ed una spazialità armonica da farli interconnettere perfettamente l’uno con l’altro e uno nell’altro a differenza di molte direzioni d’orchestra che, al contrario, prediligono la creazione di un suono compatto nel quale i temi conduttori sono tra loro cementati in un blocco sinfonico che talvolta mette in difficoltà la stessa voce.

Rimarchevole la direzione dell’intero secondo atto che costituisce il reale motore della drammaturgia su cui si fonda l’intera opera e lo squarcio sinfonico che apre il terzo atto (peraltro saldato al precedente senza soluzione di continuità se non con un cambio scenico di pochi minuti) descrittivo del magma emotivo che si agita nell’anima di Cio-Cio San dall’attesa consacrata nel celeberrimo “coro a bocca chiusa” (che Puccini magistralmente riprende dal tema della “lettera” tra Sharpless e Cio-Cio San in chiave raffinatamente psicologica) sino alle frasi dell’orchestra ove questa giunge ad una posizione di speranza che si apre con l’albeggiare punteggiato dal coro posto dietro le quinte, il tutto con la tavolozza di colori che solo Puccini riesce a rendere mediante la continua trasmigrazione della musica dal modo minore al maggiore.

Lo spettacolo reca la firma di Gianmaria Aliverta che con intelligenza ha adattato la regia e le scene alle peculiarità del Comunale Nouveau privo di graticcia e con un palcoscenico poco profondo risolvendosi in una soluzione minimalista ove il Giappone è posto sullo sfondo dell’intera rappresentazione ed affidato, principalmente, ai temi musicali evocanti in ogni momento l’esotismo orientale cui il Maestro era sicuramente affezionato.

In particolare va rilevato come molto sia imperniato sui cosiddetti personaggi considerati “secondari” quali Goro, lo zio Bonzo, Yamadori e Kate Pinkerton rimarcandone principalmente la crudeltà: in tal senso val la pena sottolineare come in tal senso gli stessi non siano propriamente “secondari” in quanto fungono da ingranaggi essenziali allo svolgimento del dramma.

Goro (Cristiano Olivieri) si è chiaramente smarcato da una tradizionale rappresentazione di canto “chioccio” per divenire un personaggio (che mima gesti di chiara forma sessuale) calcolatore ed affarista che approfitta della povertà della famiglia della protagonista per lucrare sulla “vendita” della giovane allo smargiasso ufficiale statunitense lasciando intendere come proprio grazie al pactum sceleris la madre di Cio-Cio San abbia riacquistato una disponibilità economica tale da farle assaporare l’antica nobiltà oramai decaduta; parimenti a dirsi con i nuovi tentativi di ricollocare la sventurata alle voglie del ricco Yamadori facendo leva sul tenore della legge giapponese che “al divorzio l’abbandono equiparò”.

Kate Pinkerton (Claudia Ceraulo) nelle sue ripetute rassicurazioni di voler allevare il bimbo, nato dalla relazione tra la Giapponese e Pinkerton, come se fosse figlio suo fa da evidente contraltare a gesti volgari quali il lanciare il pacco di banconote ai piedi di Suzuki (Aloise Aisemberg) o quello violento di strappare il figlio dal corpo esanime della madre per condurlo via proprio mentre l’orchestra intona le ultime cadenze d’inganno che conducono al termine del dramma troncato con lo spegnimento improvviso delle luci di scena.

Particolarmente d’effetto la vocalità dello zio Bonzo (Huanhong Li) giovane basso dalla voce rotonda e particolarmente robusta nella sua estensione il cui unico rammarico è rappresentato dalla brevità della parte.

Corrette le prove offerte dai protagonisti Pinkerton (Antonio Poli) e Cio-Cio San (Zarina Abaeva) entrambi dotati di buona estensione pur gravate da qualche difficoltà o stimbratura nel registro acuto della voce quale, ad esempio la frase “con vere nozze ed una vera sposa americana” o nel celeberrimo “addio fiorito asil”; la protagonista è indubbiamente padrona del registro centrale della voce e dei pianissimi in una parte estremamente aspra e difficile (proprio per questo percorsa da soprani di tecnica solidissima ed esperienza), per un verso, impegnando sia il registro acuto che quello grave (“quando fa la nidiata il pettirosso” – “addio mio piccolo Iddio/guarda ben fiso di tua madre la faccia”), per altro, imponendo la presenza sulla scena praticamente per tutta l’opera.

Abbastanza misurato anche se con qualche impaccio espressivo il baritono Angelo Veccia – probabilmente uno dei personaggi più poliedrici e studiati da Puccini – non è riuscito a conferire al console Sharpless quella particolare cifra di umanità che lo conduca da semplice “mediatore” ad un ruolo di maggiore efficacia paternalistica che fa il paio con Suzuki (Aloisa Aisemberg) la cui centralità del ruolo nell’economia dell’opera non è stata resa con quell’energia che oltrepassi la linea di un sufficiente nitore della linea vocale.

(la recensione si riferisce alla recita del 21 febbraio 2023)

Pietro Puca

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