L’Enrico IV delicato e crudele di Branciaroli
incanta il Teatro Nuovo di Verona

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È la rappresentazione dell’ Enrico IV di Luigi Pirandello che ha aperto la nuova stagione de ” Il Grande Teatro” al Teatro Nuovo di Verona. Uno spettacolo importante, per la più importante rassegna teatrale della città scaligera, un allestimento coprodotto dal Teatro de gli Incamminati e il Teatro Stabile di Brescia, con la prestigiosa regia di Franco Branciaroli,

Un surreale scenario equestre a raccogliere pazzia, finzione, disillusione, meschinità e malinconia di vivere. E cavalli finti e colorati, come fintamente colorata può essere l’esistenza di un uomo, ridotto a pazzo smemorato a  causa di una caduta dal destriero e ritrovatosi poi a cavalcare un cavalluccio da giostra in chiusura, quando viene incoronato Imperatore con una corona di carta pesta, falsa come si è dimostrata la messa in scena che, una volta ritrovata la memoria, si è ostinato ad interpretare per oltre un decennio.

Branciaroli, regista e superbo interprete protagonista, per la prima volta qui si confronta con lo scrittore siciliano, rappresentando il dramma dell’essere e del sembrare, culminato con il monologo del secondo atto, dove l’umanità del protagonista mostra le crepe di un’esistenza vissuta al riparo della vita stessa, nascosto dietro ad una pazzia inesistente, n ell’impossibilità di adeguarsi ad una realtà a cui sente di non appartenere.

Tra teste di cavalli, costumi d’epoca e moderni, ecco in scena un mondo dove l’oggi guarda da lontano un passato di cui rimane ormai solo una comoda e rassicurante messa in scena.

Melania Giglio è la marchesa Matilde Spina, moglie elegante e snob, a volte sopra le righe, che vede morire il proprio amante Belcredi, Giorgio Lanza, ucciso dalla mano del nostro protagonista: una vendetta per avergli provocato, vent’anni prima, la caduta da cavallo, origine di tutti i drammi. Ad unire i due mondi, il dottor Genoni interpretato da Antonio Zanoletti che cerca nel suo sapere quelle risposte che la mente umana, essendo imprevedibile, non può certo dare e cucendo in scena quei costumi, che secondo la metafora pirandelliana rappresentano uno scudo per le identità che questi manipola per lavoro.

In una sublime interpretazione amara e sottilmente ironica, Branciaroli ci fa vivere tutte le disillusioni, le rabbie e le paure di un Enrico IV costretto ormai a fare i conti con la propria vita e con la propria fuga dalla realtà.

Uno spettacolo delicato e crudele, che non lascia spazio a pietismi o a facili emozioni ma che scava nel profondo dell’animo umano con severità e profondità.

Sonia Biasin

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