Le molteplici valenze etiche ed artistiche del teatro ragazzi

Inaugurata a Milano negli spazi del Teatro Munari la XXIX edizione di Segnali

Come era auspicabile, l’inaugurazione di Segnali, il festival di teatro ragazzi tenutosi dal 2 al 4 maggio, si è svolta nei nuovi spazi intitolati a Bruno Munari. Finalmente questo genere non minore di teatro ha, anche a Milano, una sua sede istituzionale, che sarà affidata per dodici anni alla gestione del Teatro del Buratto. I soliti maligni potrebbero osservare che, a Torino, da dodici anni esiste una Casa del Teatro Ragazzi e Giovani, in fondo a Corso Galileo Ferraris. Ma tant’è: ora ce l’ha anche Milano, ed è bella, in zona Maciachini, all’ombra di un’alta ciminiera che ne rivela fieramente l’origine industriale.

Dopo gli anni di pellegrinaggio di Segnali per i vari capoluoghi lombardi, quindi nelle due sedi storiche (Verdi e Fontana), e nella più recente Fabbrica del Gioco e delle Arti a Cormano, il Teatro Munari offre un ulteriore spazio prestigioso che, come da tradizione, ha ospitato anche alcuni eventi paralleli.

La cerimonia di Eolo Award 2018, condotta con l’abituale stile maliziosamente svagato dal patron Mario Bianchi, ha indotto il pubblico a una salutare riflessione sul teatro della disabilità: il premio Eolo per la migliore novità era stato assegnato a Superabile, uno spettacolo dove le delicate invenzioni grafiche create dal vivo da Michele Eynard, qui anche regista, ha proiettato in un’aura di poesia gli attori disabili, alcuni in carrozzella, del Teatro della Ribalta – Accademia Arte della Diversità di Bolzano, diretta da Antonio Viganò.

Non del tutto riuscito, invece, l’incontro dal titolo “Progetto Planetarium”. Claudio Bernardi è sempre stimolante nel suo porgere ironico, spesso spiazzante, e sa di cosa parla. Ma che dire dell’intervento di Paolo Mottana, docente di filosofia dell’educazione alla Bicocca? Coppola in testa, con un atteggiamento fra lo svogliato e lo spocchioso, dopo aver dichiarato di non avere che una limitata conoscenza del teatro rivolto all’infanzia e alla gioventù, lo ha liquidato come banale e consolatorio. “Di ciò di cui non si può parlare si deve tacere”, asseriva quel genio – evidentemente inascoltato in ambito accademico – di Ludwig Wittgenstein.

Invece, ancora una volta, quanto visto a Segnali ha dimostrato che il teatro ragazzi ha una sua validità e ricchezza: sia educativa, sia artistica.

Un topos classico, come la storia di Pollicino, è stato declinato in modi diversi e imprevedibili. Sia in Pulgarcito, della compagnia spagnola Paraíso, sia nella produzione di Eco di Fondo, la prospettiva è rovesciata, e in ambedue si esplora, pur in contesti diversi, il rapporto che Pollicino, ormai anziano, ha con un figlio. Un terzo Pollicino, prodotto dal Teatro della Tosse e dal Teatro del Piccione, in una drammaturgia più tradizionale, ma che si rivelava interessante, è stato di fatto annullato, troncato da un improvviso allarme incendio (collegato alla caserma dei i Vigili del Fuoco, già pronti a intervenire), a causa di un innocuo focherello acceso in scena. Ohimè: i tranelli della sicurezza, gestita con cieco rigore dall’intelligenza artificiale!

Ma il tema del rapporto tra le generazioni percorre trasversalmente molti degli spettacoli proposti. Compare nello spiritoso, surreale Oggi – Fuga a quattro mani per nonna e bambino, della Compagnia Arione De Falco, da segnalare anche per la felice partitura musicale originale, ispirata a Liszt e Gershwin, e la capacità degli attori di suggerire oggetti e paesaggi urbani in una scenografia nuda.

L’incapacità dei genitori di mettersi in rapporto con i figli è anche il tema di Lezioni di famiglia – Come sopravvivere alla comprensione ad ogni costo, di Start.tip – Catalyst: una sorta di ironico trattato di socio-psicologia, che tuttavia non cede mai alle forme del saggio cartaceo (il testo è di Donatella Diamanti), con una regia che ne esalta la dimensione teatrale, consentendo al pubblico presente di adolescenti di riconoscersi, con scoppi di ilarità.

Anche Cattivini – Cabaret concerto per bimbi monelli di Kosmocomico Teatro esplora, nella forma lieve ed arguta del cabaret, il rapporto con i genitori, in particolare con una figura di madre, che ricorda la Yiddishe Mame, tipica della cultura ebraica ashkenazita. Valentino Dragano, vero uomo-orchestra, suona l’ukulele, la batteria, le tastiere, un piccolo sax e la tromba, canta e danza. E fa piacere notare come questo artista, la cui vocazione è nata sui banchi del liceo, sia cresciuto, maturando una sua originale professionalità teatrale a tutto tondo.

Non estraneo al tema neppure Il Piccolo Clown, della compagnia dei Somari, Ariateatro e Teatro delle Garberie, interpretato dal tenerissimo –mai lezioso – Nicolò, in scena col suo vero padre, Klaus Saccardo, coautore del testo.

Skreek – A Comic Revolution, dei viennesi di TWOF2, atipico nella forma e nel linguaggio, fra il teatro, il fumetto e il video, disorienta piacevolmente ragazzi e adulti, invitati a visitare il backstage, cioè una sorta di set cinematografico, dove le scene sono riprese e montate in tempo reale durante lo spettacolo.

Nella ricchezza e varietà delle proposte, da citare almeno ancora due lavori, apparentemente non impegnati sul piano etico, ma notevoli per la loro originalità estetica e, proprio per questo, profondamente educativi.

Joy, della Compagnia Rodisio e di Elsinor – Centro di produzione teatrale, creato da Manuela Capece e Davide Doro per spettatori dai tre anni, è uno spettacolo senza parole, di notevole raffinatezza figurativa, corredato da musiche che aiutano la comprensione delle immagini e dei sentimenti, suggeriti per via puramente mimica e coreutica.

D’Orfeo è un’impegnativa produzione del Teatro all’Improvviso, con la partecipazione dell’Accademia degli Svagati, rivolta a bambini dai sei anni. Dario Moretti, teatrante e talentuoso artista grafico, uso a iniziative finalizzate a educare al bello anche i piccolissimi, qui si misura con un’operazione audace: avvicinare i bambini a un mito classico, e alla musica di Monteverdi. Affiancano il narratore un quartetto d’archi, una tiorba, percussioni; un organo portativo e una tastiera per il clavicembalo; un tenore, un soprano, un basso; infine un minuscolo teatro di marionette (animate da Moretti), le cui immagini vengono amplificate su uno schermo. Un progetto coraggioso, cui concorrono la tecnologia, la manualità artigianale, l’arte teatrale e musicale.

Non so quanto sia rimasto addosso ai bambini presenti (che pure erano silenziosi, e apparivano attenti), del mito di Orfeo e della musica di Monteverdi, o delle suggestive immagini coreutiche di Joy, ma sono convinto che iniziative come questa, per quanto ardite e apparentemente neutre sul piano etico, contribuiscano ad affinare nelle nuove generazioni il gusto – indispensabile filtro culturale ed elemento cardine della qualità della vita – che oggi è soffocato dalla marea di volgarità e banalità vomitate dal piccolo schermo, dai tweet, dagli slogan ringhiati da chi avrebbe la responsabilità di governare il Paese e il Mondo.

Una missione ardua ma necessaria, di cui anche il teatro ragazzi può farsi carico.

Ed è giusto che gli operatori del settore ne abbiano contezza.

Claudio Facchinelli

 

XXIX edizione di Segnali – Festiva Teatro Ragazzi

Milano: Teatro Bruno Munari, Teatro Fontana, Teatro Verdi

Cormano: La Fabbrica del Gioco e dalle Arti.

2, 3, 4 maggio 2018

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