Bella serata di cultura al Bar Syrenuse della centralissima Piazza Tasso di Sorrento. Il 26 agosto, davanti a una sala attenta e partecipe, nonchè affolatissima, Carlo Alfaro ha presentato, con la consueta verve e fantasia, il libro noir di Antonio Mocciola, “Latte di iena” (La Quercia Editore). Bellissima l’idea di coinvolgere il pubblico (tra i quali molti scrittori ed artisti) nel leggere a turno brani dei racconti, che hanno così rivissuto attraverso la sensibilità di ognuno. Ci piace citare per intero la relazione della poetessa Maria Fausto, estimatrice (ricambiata) dell’autore e sempre precisa ed emozionante nei suoi interventi: “Tra i Presocratici, centinaia di anni prima di Cristo, Eraclito elaborò la dottrina dei contrari: l’inscindibilità di due concetti opposti. A questo proposito, volendomi rifare alle parole dell’autore, egli ri-pesca il male da un lago un fasullo, un lago abusivo di perbenismo: e lo rispolvera dei giudizi e dei presupposti come a volergli ri-conferire dignità. Perché sempre a sua detta, “Con gli anni ha capito che la cortesia è solo squisito distacco”. Perciò “Latte di Iena” che lo tu lobeva d’un sorso o a piccoli tratti può esserti quella notte che cala di colpo come una mannaia. Suscitarti angoscia e repulsione, darti a memoria i tuoi meandri inaccetabili. Eppure, forse, uno dei tentativi di Mocciola, è proprio quello di ricordarci che i fantasmi accrescono il loro potere alla notte, e il sonno è solo ignoranza… una conoscenza parziale. E allora a ben ragione mette il dito nella piaga come ad accendere l’interruttore, a fare luce sul buio. Ad esorcizzare i fantasmi come ad un rigurgito.
E’ pura onestà, quella sottesa ai racconti di Mocciola, che squarcia i nostri imballaggi a svelarci che il vero dramma non è tanto l’ipotesi di un episodio drammatico, quanto l’ipocrisia: “Io recito, mi sforzo di essere sempre qualcun altro. E in ognuno cerco parti di me che ho disperso nel tempo […]. Ma ho perso le tracce. Ed ora tutto quello che non mi appartiene mi appare vero, mi appare migliore.”
Questo suo assolverci la crudeltà in senso etimologico, ci vuole a perdonarci crudi e veri. Perché in fondo, dalla melma, il grido che sale è sempre lo stesso. Quello di Antonio ed il nostro. E’ un bisogno piccolo e massacrato, lo stesso dei suoi bambini letterari e dei nostri: un bisogno disperato di verità e di amore sincero. “Ma ora mi devi aiutare, perché così non posso vivere. Mi sfianca questa continua richiesta d’amore. Tu non sai quanto fa male inventarsi ogni giorno un sorriso, tu non sai quanto fa male l’amore dovuto.” Molto apprezzati anche gli interventi del performer Gigione Maresca e di Claudio Ruoppo, proprietario dell’omonimo vivaio sorrentino, molto noto in costiera. E’ bello quando tutte le energie, provenienti da più settori, convergono serenamente nel nome della cultura. E Carlo Alfaro, da sempre, ne è uno dei più stimati fautori.