Prodigiosamente umano e misericordioso: una nuova Big Bang theory approda a Firenze.
‹‹In principio c’è Dio, o in alternativa il Big Bang››, esordisce così l’attore romano Ascanio Celestini nel suo ultimo lavoro “Laika”, andato in scena il 15 e il 16 gennaio al Teatro Puccini. Un Messia dolcemente insperabile, mandato su questa terra per misurarsi con i propri tormenti e le proprie perplessità. La sua umile dimora è un alloggio di chissà quale periferia, semplice e poco illuminato, il tanto che basta per dare libera espressione ai suoi pensieri sull’umanità. A tenergli compagnia uno dei dodici apostoli, Pietro, che impiega il tempo dedicandosi al mondo esterno: va a fare la spesa, si procura attrezzi di ricambio per le riparazioni domestiche e si cimenta in piccoli lavori per il sostentamento quotidiano. Sua grande dote è saper suonare divinamente la fisarmonica, passione che accompagna e scandisce i suoi attimi di convivenza con il Messia, la cui incarnazione su questa terra ha soltanto lo scopo di osservare gli uomini, tracciandone imprese e prodezze. Proprio dalla finestra dell’appartamento in cui abitano Gesù e Pietro si intravedono spaccati di vite parallele, presenze invisibili ma di straordinaria vicinanza e partecipazione, capaci di grandi gesta e benevoli miracoli dalle verifiche tutte empiriche. C’è il barbone, che di giorno fa l’elemosina e di notte riposa fra i cartoni di un market, c’è una vecchia signora che tanto ricorda Maria, e c’è anche una donna con la testa impicciata malata di Alzheimer. Tutti moderni ‘buon samaritani’, indiscutibilmente compassionevoli verso il prossimo, chiunque esso sia.
Una scaletta a scomparti quella di Celestini, come le scatole ammucchiate disposte fuori dal supermercato che danno fisso domicilio al caro barbone. Il suo si sbroglia come un soliloquio ben congeniato, capace di confondersi in originali parentesi improvvisate che abbracciano tematiche diverse, ma tutte spaventosamente reali e d’effetto. Una di queste è la storia della bastardina femmina che il 3 novembre 1957 fu imbarcata sulla capsula spaziale sovietica Sputnik 2, secondo satellite artificiale entrato in orbita e prima sonda con a bordo un essere vivente di nome “Laika”, purtroppo mai tornata sulla terra. Quella volta fu proprio un cane ‹‹la creatura più vicina a Dio››! E se è vero che ‹‹stiamo al mondo per amare ed essere amati, non per essere fregati›› e che ‹‹l’uomo è una macchina e il paradiso una favola a cui credono quelli che hanno paura del buio››, il dado è tratto e come Laika, quella che abbaia, anche noi abbiamo la nostra piccola fetta di prodigi da estrarre dal cilindro e le nostre piccole verità da raccontare. Ecco che con sottili parabole legate da un senso condiviso, i dialoghi di Celestini si susseguono mediante analessi continue che svelano un’etica nuova, ripudiante però delle morali, tipiche ‹‹delle favole e non delle persone››. Il suo appare chiaro come un inno alla vita, ai misteri celati dietro la semplicità della gente comune, perché solo ‹‹chi vive dove finisce il mondo può comprendere dove comincia il mare››.
Firenze – TEATRO PUCCINI, 15 gennaio 2016.
Mara Marchi
LAIKA – Produzione: Fabbrica; Co-produzione: Romaeuropa Festival 2015; Sceneggiatura: Ascanio Celestini; Organizzazione: Ass. Lucciola; Immagine: Riccardo Mannelli; Suono: Andrea Pesce; Alla fisarmonica: Gianluca Casadei; Voce fuori campo: Alba Rohrwacher; Interpreti: Ascanio Celestini.