“Juorne”, amore e dolore di una madre bambina

Nell’ambito di “Teatro alla deriva”, rassegna originalissima creata da Giovanni Meola e ormai appuntamento irrinunciabile dell’estate campana, Diego Sommaripa scrive e dirige “Juorne”, affidato a Chiara Vitiello, sola sulla zattera-palco nel laghetto d’acqua e fango termale delle Stufe di Nerone.

Con lei, un passeggino per un figlio disabile verso il quale l’amore, la responsabilità, la dedizione, si mescolano alla rabbia, all’inadeguatezza, alla morbosità.
In quest’altalena di sentimenti, la Vitiello si muove disinvolta assecondando una regia brillante, capace di risolvere con squarci di luce le asperità di un testo scomodo e ispido anche quando vira in (apparente) commedia.

I passaggi temporali e i flash-back accompagnano la vita di una ragazza costretta a crescere in fretta nel contesto degradato di una qualunque periferia del mondo.

Il calvario delle cure, forse inutili, un amore crudele, una vicina invadente. Il mondo preme e bussa alla porta, dagli assistenti sociali fino ai ricordi, tutto pulsa e crea angoscia, giorno dopo giorno, ora come ora, come un inquieto stillicidio, come spilli nel cervello.

Eppure, lo spettacolo scorre lieve e si lascia seguire, stemperando la cupezza di fondo con una quotidianità raccontata con esatta lucidità dalla regia, e dalla forte personalità dell’attrice, capace di coinvolgere il numeroso pubblico, senza ricattarlo con lacrime facili (anzi) e tenendo fino all’ultimo secondo la temperatura del testo.

Applausi, molti, e qualche turbamento. Quand’è così, la missione del teatro è compiuta.

A.M.

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