Isacco Bugatti sarà Cesare Pavese in “Qualunque amore”
“Proveremo a sondare i suoi reconditi misteri”

Sarà Cesare Pavese in “Qualunque amore” dal 25 al 27 ottobre al Teatro Betti di Roma, e Isacco Bugatti, giovane attore bresciano, non sta nella pelle. Per la regia di Emilia Miscio, su drammaturgia di Antonio Mocciola, Isacco sarà in scena con Elisa Forte, Romano Gennuso e Giulia Curti. Lo abbiamo incontrato durante le prime letture del testo.

Cesare Pavese é figura controversa, poco indagata, se non per nulla, dal punto di vista biografico, almeno a teatro. Com’é stato il tuo approccio al personaggio e cosa conoscevi della sua vita prima di interpretarlo?

Intanto è un peccato che un personaggio così interessante e enigmatico dal punto di vista biografico non sia stato indagato a dovere a teatro perché avvicinandomi a lui, leggendo la sua biografia, le sue opere e le sue poesia, pensate che la prima volta che incontrai Pavese fu in terza media perché la professoressa diede da leggere a tutta la classe la luna e i falò, e pensate che io all’epoca non leggevo neanche topolino, eppure iniziando a leggerlo c’era qualcosa che mi attraeva, si capiva che lo scrittore aveva una qualche malinconia di fondo e qualcosa di non risolto con gli altri ma soprattutto con se stesso, e con questa idea ho iniziato ad approcciarmi al personaggio e ho capito che era veramente così e cercare di mettere in scena una figura così misteriosa e non definita penso sia una delle prove più stimolanti per un attore

 

Quanto è attuale la sua vicenda politica del confino in questo momento storico?

Beh, è sempre attuale, adesso magari non mi viene in mente un esempio di un persona in particolare ma sicuramente quello che sta avvenendo in Palestina nasce proprio da questo: un popolo che ne confina un altro, con tutte le conseguenze che ha portato questa imposizione che sono ancora sotto gli occhi di tutti, il confino in ogni caso è anche un modo di avere maggiore controllo su una determinata persona o popolo nel caso della Palestina, e già questo pone molto spesso chi controlla in una posizione di supremazia e potere inumano nei confronti del confinato, anche su questo rapporto tra l’altro abbiamo indagato nello spettacolo in cui c’è la figura del carabiniere che abusa spesso del suo potere contro Pavese durante il suo periodo di confino.

 

Lo spettacolo, com’è nello stile dell’autore, tratta senza filtri le storie e i personaggi. In un momento molto vibrante hai una scena forte e durissima di nudo integrale, come ti prepari ad affrontarla? 

È stato molto interessante e anche divertente, nel senso che io ho imparato ad accettare con gli anni la mia fisicità e il mio corpo e in questo il mio mestiere mi ha aiutato molto e quindi adesso non ho alcun problema a mettermi a nudo, anche letteralmente, davanti ad un pubblico , quindi paradossalmente ho dovuto recuperare quell’imbarazzo che ognuno di noi avrebbe a spogliarsi davanti a qualcuno che non conosce per metterlo a servizio del personaggio e dare così veridicità alla scena.

Nel tuo percorso attoriale, “Qualunque amore” come si pone? Quali sono gli spettacoli che ti sono rimasti più nel cuore?

Sicuramente è un punto di partenza direi, sono appena uscito dall’accademia e quindi le mie uniche esperienze di spettacoli finora sono state interne all’Accademia o comunque sponsorizzate da essa quindi direi che questo è il mio primo spettacolo “vero” diciamo. Poi se in più ci mettiamo che tratta di un personaggio così importante, delle tematiche così attuali e dei rapporti coì intensi direi che sono allo stesso tempo eccitato e spaventato, ma di solito queste sensazioni portano bene quindi sono fiducioso che sia un progetto di livello.

Come ti definiresti come attore? Il tuo maggior pregio e il peggior difetto. 

Direi che sono un attore giovane, perché mi hanno dato questa definizione che a me devo essere sincero non piace molto , nel senso che un attore non è ne giovane ne vecchio, è una attore e basta, ci sono ruoli di tutte le età e attori di tutte le età che li interpretano e mi è capitato di incontrare dei miei colleghi più giovani di me dal punto di vista anagrafico ma più vecchi dal punto di vista esperienziale o di approccio a questo meraviglioso mestiere che è al recitazione. Forse il mio pregio e il mio difetto hanno lo stesso denominatore comune, e cioè il non accontentarsi, il non essere mai pienamente soddisfatto del proprio lavoro e delle proprie performance sia alle prove che alla fine di uno spettacolo, e questo da una parte è un bene perché mi spinge a migliorarmi in continuazione ma dall’altra può diventare snervante e assillante come pensiero e ogni tanto mi dico “dai, va bene così, hai dato il massimo, sii soddisfatto almeno questa volta fino in fondo”, però subito dopo il mio cervello ripensa ai momenti interpretativi che potevo fare meglio.

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