Isa Danieli e Lello Arena: una coppia da Sogno

Solo vagamente Shakespeariana, questa messinscena di Sogno di una notte di mezza estate nella libera riscrittura di Ruggero Cappuccio, seduce e coinvolge gli spettatori, trascinandoli all’interno di una favola intensa e simbolica, divertente e struggente, interpretata da un cast di attori perfettamente affiatati e diretti in maniera arguta e funzionale da Claudio Di Palma.
Le schermaglie affettive e i capricci estemporanei di Titania ed Oberon, visionaria proiezione di coppia regale che sembra confitta nel ventre impenetrabile di una Storia gotica e surreale, avvolta in un’oscurità senza appello, un’oscurità più dolorosa che magica, sembrano alludere alla presenza di dinamiche demiurgiche che, nelle viscere ctonie dell’universo, organizzano in maniera silente e scanzonata il destino dell’umanità.
Degli amori, degli inseguimenti, delle passioni e degli struggimenti di tutti gli altri personaggi della commedia di Shakespeare non giunge in questa messinscena che un’approssimativa e blanda rifrazione. Se questo sia il punto di forza o di debolezza dell’idea creativa di Ruggero Cappuccio, è difficile da stabilire. Ma il risultato, lo ripetiamo, è estremamente persuasivo.
Il problema, probabilmente, non è tanto nel fatto che questa commedia, pur denunciando il noto titolo Shakespeariano, abbia perso totalmente il funzionamento magico e boschereccio della trama del Bardo, perdendone, conseguenzialmente, le peculiarità legate al gioco pimpante di intrecci e personaggi. La questione sta nel fatto che la riscrittura di Cappuccio, seppur poetica e densa di visione, risulta troppo spesso ermetica e irrisolta. Talora, bisogna ammetterlo, ai limiti dell’autocompiacimento letterario. Mentre nella prima mezz’ora dello spettacolo Isa Danieli e Lello Arena, artisti immensi e superlativi, stregano la platea con indiscussa e inconfutabile bravura, andando ben oltre la scrittura del testo stesso, nel seguente svolgimento del plot, dal punto di vista testuale, la riduzione della commedia originale sembra ridursi talora ad un’inutile esibizione letteraria. Soprattutto nel secondo atto, da un lato apprezziamo un cast di attori bravissimi, tutti, non solo la Danieli e Arena, ma anche gli altri, dall’eccellente Puk di Fabrizio Vona ai bravissimi Renato De Simone, Enzo Milone, Rossella Pugliese e Antonella Romano, dall’altro restiamo perplessi davanti a un testo reso inutilmente oscuro e sibillino.

Insomma, se lo spettacolo è bello e ci conquista, perché su questo non si discute, bisogna tributare doppio e triplo plauso agli interpreti e al regista che, anche grazie alle suggestive scenografie ideate da Luigi Ferrigno, evitano di farsi imbrigliare in una scrittura  poco comprensibile, trovando nelle proprie eccezionali capacità interpretative la chiave giusta per rinnovare l’alchimia delle fate, degli elfi, degli amanti e dei loro regali signori.

 

Claudio Finelli

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