Intenso e poetico, La Misura di Di Pietro porta in scena l’umana paura del vuoto e della morte.

Qual è la misura entro la quale speculare circa il significato della vita e, soprattutto, il segreto della morte e dell’eventuale eternità dell’anima? Come recuperare senso, all’interno dei mortali angusti spazi razionali, per superare il dolore e la mancanza? Con quali strumenti attraversare la paura del vuoto, del vuoto declinato all’infinito, del vuoto che diventa abisso e che ci assedia, quando vacillano le stesse fondamenta del nostro fragile e caduco stare al mondo?

Da questi interrogativi e da una storia vera – quella di Italo Spinelli – nasce La Misura, commovente e intenso lavoro drammaturgico di Eduardo Di Pietro che, oltre ad essere autore del progetto ne dirige la messinscena in maniera fluida e puntuale, una messinscena particolare e originale, pensata per una marionetta ibrida a grandezza naturale – eccellente opera di Barbara Veloce – e due bravissimi attori/animatori, Martina Di Leva e Marco Montecatino, quest’ultimo in grado di coinvolgere e dettare ritmo allo spettacolo con le frequenti apprezzabili esecuzioni di brani rap.

La storia di Italo Spinelli è quella di un operaio modenese che all’età̀ di 82 anni, nel 2018, si laurea in Filosofia per scoprire “dov’è finita la moglie”, morta dopo cinquantadue anni di vita insieme, per restituire senso al vuoto lasciato dall’amatissima compagna e per cercare di comprendere il percorso dell’anima quando abbandona il corpo. La storia del vedovo di Modena, e del suo “razionale” tentativo di risemantizzare quanto trascende la conoscenza empirica e diretta dell’esperienza umana, si intreccia con il senso di inadeguatezza e inidoneità alla vita percepita dal protagonista Marco all’indomani dell’improvvisa morte dell’amica del cuore, avvenuta in seguito ad un male atroce e devastante.

Italo e Marco, pur utilizzando differenti strumenti per investigare l’ignoto e “fare pace” con la perdita, l’assenza e l’angoscia che ne segue, sono entrambi mossi dalla stessa necessità di trovare una spiegazione, più o meno razionale, più o meno poetica, per non precipitare nell’abisso della sofferenza, della solitudine e della depressione.

Lo studio di questo spettacolo – davvero prezioso – realizzato dal Collettivo lunAzione, ha vinto il bando (H)eartH – Ecosystem of art and theater, ha il sostegno di Teatri Associati di Napoli, Teatro Elicantropo, Teatro Bellini, Pim OFF, Teatro Civico 14 ed è stato finalista per il festival I Teatri del Sacro 2019.

 

Teatro Piccolo Bellini, replica del 02.05.2023

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