Il silenzio che uccide

CON IL VOSTRO IRRIDENTE SILENZIO

Studio sulle lettere dalla prigionia e sul memoriale di Aldo Moro

Ideazione, drammaturgia e interpretazione Fabrizio Gifuni

Dall’ 8 al 13 marzo Fabrizio Gifuni porta in scena presso il teatro Vascello di Roma lo spettacolo “CON IL VOSTRO IRRIDENTE SILENZIO”, ideato e interpretato dal medesimo attore. Il titolo riprende una frase scritta da Moro in una delle sue ultime lettere indirizzata ai suoi compagni di partito. Prima dello spettacolo Gifuni fa una doverosa premessa, atta a contestualizzare il periodo storico e politico dell’Italia di Aldo Moro. Un’Italia difficile, piena di controsensi e quanto mai attuale.

Moro durante i giorni di prigionia è un’anima in pena: scrive, ricorda, cerca conforto e infine accetta un inevitabile e struggente destino. Manda lettere, si rivolge ai familiari, agli amici, ai colleghi di partito, ai rappresentanti delle istituzioni. Compone il suo cosiddetto memoriale, un documento e una testimonianza di immenso valore umano e politico. Attraverso queste pagine delinea un quadro ben chiaro della difficile situazione politica del momento e delle complesse dinamiche interne ed esterne che muovono i fili di un’Italia spesso relegata al ruolo di comparsa nel panorama istituzionale mondiale ed europeo.

Il giurista ci regala un fiume di verità inarrestabile che si cercò subito di arginare e silenziare: la stampa, infatti, in modo pressoché unanime, tentò di sconfessare in più occasioni le sue parole, relegandole a dei semplici deliri di un uomo prigioniero.

“È vero: io sono prigioniero e non sono in uno stato d’animo lieto. Ma non ho subito nessuna coercizione, non sono drogato, scrivo con il mio stile per brutto che sia, ho la mia solita calligrafia. Perché non mi credete? Chi vi suggerisce di non credermi? Amici, non vi lasciate ingannare. Vi supplico in nome di Dio.” (lettera al partito DC del 28/04/1978)

In questa pièce Gifuni diventa Aldo Moro, il suo coinvolgimento fisico e mentale è tale da fargli assumere perfino una somiglianza fisica con il politico. La sua voce muta, i passi diventano pesanti e stanchi e la postura si piega di fronte ad un destino troppo crudele. L’interpretazione è totale, quasi viscerale, ogni attimo è sentito, il ritmo è estremamente concitato e curato. Il ricordo esplode in un parlato di due ore che rapiscono lo spettatore, nonostante la difficoltà del testo.

Questo spettacolo è necessario, ma non per tutti. La memoria storica si riaffaccia prepotentemente e fa emergere interrogativi dalla difficile risposta.

Uno spettacolo da vedere, far vedere e rivedere.

 

“Il ricordo è il tessuto dell’identità.”

Nelson Mandela

 

Valerio Molinaro

 

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