Il nuovo cortometraggio griffato Antonio Mocciola e diretto da Giorgia Filanti assembla con coraggio attori di comprovato mestiere, ad altri alle prime armi. Tra questi c’è Maurizio Marchesani, lombardo ma di stanza a Roma, che abbiamo incontrato per una breve intervista.
“Carne riconoscente” é il tuo primo cortometraggio da attore? Come ti approcci a questa esperienza e come è nato l’incontro con Giorgia Filanti e Antonio Mocciola?
Sì, “Carne riconoscente” è il mio primo cortometraggio. Generalmente non amo apparire in video però ho deciso di mettermi in gioco, magari inizierò a prenderci gusto, chissà. Mi approccio a questo progetto con molta curiosità ed eccitazione ma anche con una giusta dose di ansia, indispensabile e fisiologica, a parer mio, in ogni tipo di performance. Antonio sa bene come persuaderti se ti vuole in una sua opera, quindi non potevo rifiutare. Sono diversi anni che ci conosciamo, il nostro incontro è stato puramente casuale poiché mi trovavo a teatro ad assistere a uno spettacolo in cui recitava una mia amica; il testo era di Antonio e la regia di Giorgia, ci siamo presentati e da quel momento ho iniziato a seguire le loro pièces dai temi spesso crudi e drammatici ma che mi appassionavano e intrigavano molto.
Hai esperienza da doppiatore, come ti è nata questa passione?
La passione per il doppiaggio è nata quando ero ancora bambino; mi divertivo a replicare le voci e le battute dei cartoni animati, dei film e delle pubblicità. Crescendo ho scoperto che dietro quelle voci si nascondevano veri e propri attori perciò, essendo comunque parecchio timido, decisi di frequentare una scuola di recitazione e successivamente di doppiaggio in modo da potermi esprimere al meglio recitando ma senza apparire o essere al centro dell’attenzione.
Il film parla di plagi, rapporti malati e omosessualità. Come descriveresti il tuo personaggio?
Il mio personaggio è un fantasma, un cupo ricordo, che tormenta per certi versi la vita del protagonista e dell’ipnotista, il suo “curatore letale”. Non viene palesata la ragione per cui abbia deciso di compiere un gesto così estremo, ma la si può dedurre. Si tratta indubbiamente di una persona fragile e vulnerabile che, anziché essere sostenuta e risollevata, viene lasciata sprofondare in un abisso senza fondo. Sarebbe interessante un prequel per conoscerne di più il carattere.
Comparirai sul grande schermo in un ruolo difficile, in cui ti si vedrà completamente nudo. Che tipo di emozioni accompagnano questo esordio così inusuale?
Essendo per me una novità recitare davanti alla macchina da presa e, per di più, in veste adamitica, provo emozioni contrastanti; certamente ansia da prestazione e timore del giudizio altrui ma al contempo tanto entusiasmo per il progetto, per il set e per il risultato che ne conseguirà.
Sei tra i modelli della mostra “Le vittime di Dio”, esposta a Roma per due settimane presso la galleria “Ospizio Giovani Artisti”. Com’è stata come esperienza quella di posare nudo e poi vederti esposto sulla parete?
All’inizio ero alquanto restio a parteciparvi, poi ho deciso di buttarmi in quest’avventura e ammetto che si è rivelata un’esperienza stimolante. Mi sento soddisfatto dell’opinione positiva riscontrata. Posso affermare che “Le vittime di Dio” per me ha significato, senza dubbio, un “rompighiaccio” per “Carne riconoscente”.