Una messinscena che lascia senza fiato: quella de “Il ritorno a casa” di Harold Pinter per la regia di Peter Stein. Non saremo mai troppo abituati alle belle e curate rappresentazioni di Stein dove il teatro si respira fino in fondo, dove gli attori esprimono in pieno la loro bravura attraverso ogni battuta, ogni vuoto, ogni silenzio che, come in questo caso, il testo impone.
“Il ritorno a casa” firmato da Peter Stein, è alla seconda tourneé nazionale dopo il debutto al Festival dei Due Mondi di Spoleto edizione 2013. “Sin da quando ho visto la prima londinese, quasi 50 anni fa, ho desiderato mettere in scena Il ritorno a casa. È forse il lavoro più cupo di Pinter, che tratta dei profondi pericoli insiti nelle relazioni umane e soprattutto nel rapporto precario tra i sessi“, scrive il regista alla sua prima messa in scena di un testo di Pinter. “La giungla nella quale si combatte è, naturalmente, la famiglia. I comportamenti formali, più o meno stabili, si tramutano in aggressività fatale e violenza sessuale quando uno dei fratelli con la sua nuova moglie ritorna dall’America”.
Testo tra i meno rappresentati di Pinter (Premio Nobel per la letteratura nel 2005), Il ritorno a casa, scritto nel ’64, è un dramma che si consuma nella suggestiva scenografia di un ampio soggiorno, stile inglese, con una scala che porta al pianerottolo superiore mentre, dall’altro lato, si intravede l’esterno della casa. La famiglia è al centro della vicenda, un nucleo tutto maschile rimasto orfano di donne dopo la scomparsa della madre. In quel microsistema relazionale nascono e si consumano patologie, malesseri, recriminazioni, derisioni, descritti attraverso personaggi sgradevoli, duri e crudeli, attraverso lo scontro uomo-donna dove ciò che maggiormente risalta e si impone è la totale carenza d’amore. All’interno della casa (scenografia di Ferdinand Woegerbauer), il divano e la grande poltrona del padre al centro del salotto, ricostruiscono un ambiente che appare rassicurante ma che in realtà è simbolicamente fisso, immobile, freddo, distaccato: il luogo ideale dove il bisbetico padre Max (il bravissimo Paolo Graziosi) può esercitare ed esprimere il suo potere fatto di angherie e sopraffazioni verso i figli.
La prima scena, in cui il vecchio padre cerca di attirare l’attenzione dello stravagante e sprezzante figlio Lenny (Alessandro Averone), intento nella lettura del giornale, testimonia immediatamente quella dinamica violenza sia fisica che verbale che regola i rapporti di famiglia, a cui non si sottraggono né il tonto boxeur Joey (Antonio Tintis) né il gentile zio Sam (Elia Schilton). Il ritorno a casa che dà il titolo all’opera, è quello, dopo sei anni, di Teddy (Andrea Nicolini), professore di filosofia che ha fatto fortuna in America. In piena notte e mentre il resto della famiglia dorme, Teddy si presenta con la moglie Ruth, (Arianna Scommegna, premiata come miglior attrice italiana al Premio UBU 2014 per questo ruolo), l’unica donna in scena che scatena le perversioni e le pulsioni di dominio degli uomini. Sarà infatti lei, cognata e nuora degli uomini di casa, a svolgere il doppio ruolo: prima vittima predestinata; poi vera dominatrice che asservirà totalmente i maschi di casa fino al punto di occupare la poltrona inviolabile del capofamiglia.
“Tutte le ossessioni sessuali maschili in questa famiglia di serpenti si proiettano sull’unica donna presente. Nelle fantasie degli uomini, e nel loro comportamento – scrive Stein – viene trasformata in puttana e non le rimane che la possibilità della vendetta, assumendo quel ruolo e soddisfacendo la loro bramosia più del previsto”. E’ in questa efficace sospensione drammatugica tra Teddy e Ruth che si consuma l’altra patologica relazione di coppia: la donna abbandona marito e i figli ed entrerà nella nuova famiglia dominando il gruppo di uomini tutto prostrato ai suoi piedi. Teddy va via, esce di scena: è forse l’unico che sceglie di salvarsi? Finale aperto come vuole Pinter.
Un grande Stein, dunque, che restituisce con maestria, potenza ma anche distacco la crudeltà della famiglia e dei labili rapporti tra i sessi attraverso la bravura di tutti gli attori (la compagnia che già fu protagonista della lunga maratona dei Demoni) che alternano escalation e dialoghi violenti ad inquietanti silenzi, con un linguaggio sferzante e con spinte di humor, più angoscianti che divertenti, che accompagnano le stravaganti uscite dei personaggi. L’interpretazione di tutti i protagonisti è veramente di grande risultato: Paolo Graziosi, Elia Schilton, Arianna Scommegna, Andrea Nicolini, Alessandro Averone, Antonio Tintis. E il testo illustra, più di altre rappresentazioni, quel “precipizio che sta sotto i discorsi di ogni giorno“: non certo a caso è la motivazione con cui fu assegnato il premio Nobel a Pinter.
Roma, teatro Vascello, 27 marzo 2015
Diletta Capissi
Teatro Metastasio Stabile della Toscana
Spoleto56 Festival dei 2Mondi
IL RITORNO A CASA
di Harold Pinter
traduzione Alessandra Serra
regia Peter Stein
con (in ordine di apparizione)
Paolo Graziosi, Alessandro Averone, Elia Schilton, Antonio Tintis, Andrea Nicolini, Arianna Scommegna
scenografia Ferdinand Woegerbauer
costumi Anna Maria Heinreich
luci Roberto Innocenti
assistente alla regia Carlo Bellamio