“Il Malato immaginario ovvero le Molière imaginaire”: la comicità in bianco e nero di Teresa Ludovico

È un viaggio tra classico e moderno quello che Teresa Ludovico propone al Teatro Kismet di Bari, nella sua riscrittura della famosa opera seicentesca il “Malato immaginario”.

 

Si rimane sempre stupiti da quanto uno spettacolo messo in scena secoli e secoli fa possa trovare, ancora oggi, giustizia nelle sue riflessioni. È questo il caso de “Il malato immaginario” di Jean-Baptiste Poquelin, in arte Molière, che nelle sue opere, tra una battuta di spirito e l’altra, ha denunciato gli usi e abusi della sua epoca. La grettezza dell’essere umano mosso da secondi fini, la credulità sconfinata degli illusi, la meschinità degli imbroglioni: tutte immagini stereotipate ancora attualissime e per questo a noi vicine. Sarà affidato a “Pullecenella” – un bravissimo Marco Manchisi – il compito di raccontare allo spettatore prologo ed epilogo della storia di Molière, morto in scena alla fine della quarta replica dello spettacolo “Le malade imaginaire”. Ed è proprio questa la replica che “Il Malato immaginario ovvero le Molière imaginaire” ha scelto di presentare al pubblico. Diventa a tratti quasi difficile distinguere Argante dal suo autore, tanto è sottile il confine tra teatro e vita reale.

Marco Manchisi si fa letteralmente “in tre” per interpretare, con maestria, il Pulcinella iniziale, Antonietta (la serva ficcanaso e insolente ma fedele di Argante) e Aldo (il saggio fratello del protagonista che consiglia la soluzione finale per risolvere il problema). Il luogo, da Parigi, si sposta in una casa del sud, dove si stendono i panni ad asciugare al sole e si raccolgono frutta e verdura nell’orto. La lingua napoletana, usata sia da Pulcinella che nelle battute impertinenti della serva Antonietta, non fa altro che trasmettere al pubblico tutto il calore del nostro Mediterraneo. Argante – un magistrale brontolone, ipocondriaco ed egoista Augusto Masiello – siede sulla cima di una piramide fatta di pedane e botole dalle quali sbucano gli attori, si nascondono, per poi ricomparire, salire e scendere. Una scenografia in divenire quindi, dalla quale, con un pizzico di ironia, spuntano anche gli oggetti di scena. L’attenzione dello spettatore rimane così sempre alta, anche grazie al ritmo incalzante delle battute e alla tipica caratterizzazione dei personaggi dalla mimica inconfondibile, figure farsesche e allo stesso tempo grottesche, in un miscuglio tra commedia dell’arte e ricerca moderna. Gli stessi costumi seguono questa scia: quasi tutti di epoca seicentesca, tranne per il personaggio della matrigna che, con i suoi atteggiamenti sensuali, gli stivaloni neri di pelle, il trucco e l’acconciatura, sembra direttamente uscita da un manga giapponese. Come lei, anche gli altri personaggi negativi del racconto (i medici arraffoni che millantano crediti, il notaio quasi come un avvocato del diavolo), protagonisti di loschi intrighi, vengono affibbiati del colore nero, in contrasto con tutti gli altri personaggi positivi. La scrittura di Teresa Ludovico sembra infatti improntata sul binomio basilare Bianco/Nero, Buono/Cattivo. Gli unici colori percepibili sono quelli dei neon sullo sfondo, che cambiano colore in base all’azione, passando dal rosso acceso nelle scene di amore e passione tra i due innamorati clandestini, all’azzurro etereo, alle sfumature di rosa. La musica poi, è quella composta da Nino Rota per la suite “Le Molière imaginaire” del coreografo Maurice Béjart.

Il risultato è quello di uno spettacolo divertente e ricercato, in un bianco e nero da pellicola neorealista.

 

Alessandra Lacavalla

Teatro Kismet – Domenica 8 febbraio

IL MALATO IMMAGINARIO ovvero le Molière imaginaire

regia e riscrittura Teresa Ludovico

con Augusto Masiello, Marco Manchisi, Sara Bevilacqua, Ilaria Cangialosi, Paolo Summaria, Michele Cipriani, Daniele Lasorsa

luci Vincent Longuemare

costumi Luigi Spezzacatene

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