Ifigenia Liberata Piccolo teatro

Ifigenia, liberata, ovvero le infinite declinazioni di una tragedia greca

Utilizzando l’espediente del teatro nel teatro, Angela Dematté e Carmelo Rifici guidano con leggerezza il pubblico nell’avvincente esplorazione di un testo scritto ventiquattro secoli or sono

Ifigenia liberata, in scena allo Strehler di Milano, inizia in modo irrituale: in palcoscenico gli attori chiacchierano fra di loro; a sinistra, in proscenio, una consolle e un violoncello; una donna in abito scuro seduta a un tavolo ingombro di libri e documenti, accanto a un’alta libreria scorrevole, è intenta a scrivere sul PC; nell’angolo in fondo, un’altra donna sembra esplorare lo spazio con una videocamera. Poi, all’abbassarsi delle luci in sala, uno degli attori – si suppone il regista – avanza in proscenio e, rivolgendosi al pubblico, lo invita ad assistere a una prova dello spettacolo.

La modalità drammaturgica del teatro nel teatro – già frequentata da Shakespeare e Pirandello, ma anche prima e dopo di loro, almeno fino all’esilarante Rumori fuori scena di Frayn – è antica, connaturata alla sua identità stessa, palesemente fittizia eppur coinvolgente. Ma, mentre nei Sei personaggi l’espediente offre all’autore l’opportunità di dipanare la sua problematica visione del mondo, in bilico fra realtà e apparenza, fra verità e finzione; mentre Frayn se ne serve per mostrare con ironia le dinamiche psicologiche che si agitano dietro le quinte; il lavoro di Carmelo Rifici e Angela Dematté sembra voler disvelare gli strumenti del mestiere teatrale, rivelando le modalità – di regola, sconosciute ai non addetti ali lavori – con cui si costruisce una drammaturgia e si monta uno spettacolo.

Ifigenia Liberata Piccolo teatro
Ifigenia Liberata. Foto ©Masiar Pasquali

Il porgere accattivante ed immediato di Tindaro Granata (nel ruolo del regista), la capacità degli attori (tutti di strabiliante bravura) di entrare e uscire con naturalezza dai personaggi della tragedia per interpretare se stessi, consentono al pubblico, nelle due ore e mezzo dello spettacolo, di credere alla finzione nella finzione, e anche di divertirsi un mondo.

Ma c’è ancora un elemento che caratterizza questa Ifigenia: il testo che la compagnia sta montando per la scena non è un’opera fasulla, né uno scipito canovaccio (come nel Sogno di una notte di mezza estate), ma una delle più importanti e problematiche tragedie mai scritte. E ciò, al netto di alcuni tic propri dei teatranti (peraltro più reali di quanto si potrebbe supporre), offre l’occasione per un’analisi testuale, per una lettura critica della tragedia di Euripide come archetipo della violenza rituale, con una serie di connessioni letterarie, teologiche e filosofiche che, ancorché esposte nei modi bonari, in understatement, propri di Tindaro, si affacciano su universi sconfinati. E non è un puro vezzo che in locandina, fra gli autori che hanno ispirato il testo, oltre a Euripide figurino Omero, Eraclito, Eschilo, Sofocle, l’Antico e il Nuovo ed Antico Testamento, Nietzsche; e persino due filosofi contemporanei, René Girard e Giuseppe Fornari.

Ifigenia Liberata Piccolo teatro
Ifigenia Liberata. Foto ©Masiar Pasquali

Di costoro, non tutti necessariamente citati esplicitamente, si percepiscono però le risonanze. E addirittura, nel sottofinale, col monologo della drammaturga (forse il ruolo più arduo, che Mariangela Granelli affronta con coraggio, e con l’abituale talento attorale), lo spettatore è sollecitato a riflettere sul tema eterno del rapporto fra azione e parola; nel teatro, e non soltanto.

Ma le intriganti implicazioni culturali qui sommariamente accennate non appesantiscono affatto lo spettacolo, in cui si riconoscono gli stilemi propri della poetica di Rifici, oltre alle invenzioni di artisti con cui il regista ha ormai consolidato una felice collaborazione.

La lineare, splendida scenografia di Margherita Palli crea nel retropalco un secondo inaspettato spazio teatrale, esplorato in tempo reale da videocamere che raddoppiano l’azione, o variano il punto di osservazione di quanto succede sul palcoscenico.

Le musiche, ora elettroniche, ora affidate a un violoncello, sono eseguite in scena dal loro autore, Zeno Gabaglio: una suggestiva drammaturgia sonora parallela, che si intreccia con l’azione teatrale, sottolineandone con complice attenzione la parola e il gesto.

Fra gli attori, come già detto tutti efficacemente inseriti nella cifra dello spettacolo, oltre ai già nominati, da citare ancora almeno la spiritosa duttilità di Giovanni Crippa, impegnato in tre ruoli diversi, e l’impegnativa prova d’attrice di Anahì Traversi nel complesso ruolo di Ifigenia.

Alla prima erano presenti molti adolescenti: alcuni forse spinti dalla sciagurata consuetudine per cui si va a teatro per risparmiarsi la lettura di un classico. Per costoro, temo che l’obiettivo non sia stato raggiunto. Per gli altri, spero la maggioranza, la serata ha offerto la preziosa occasione di fruire di un’operazione culturale ed educativa di notevole spessore.

Claudio Facchinelli

 

 

Visto al Piccolo Teatro Strehler di Milano il 27 aprile 2017

 

Ifigenia, liberata, ispirato ai testi di Eraclito, Omero, Eschilo, Sofocle, Euripide, Antico e Nuovo Testamento, Friedrich Nietzsche, René Girard, Giuseppe Fornari.

Progetto e drammaturgia di Angela Demattè e Carmelo Rifici; regia di Carmelo Rifici

Con (in ordine alfabetico): Caterina Carpio (Corifea/Ominide), Giovanni Crippa (Calcante/Vecchio/Platone), Zeno Gabaglio (musicista), Vincenzo Giordano (Menelao), Tindaro Granata (regista), Mariangela Granelli (drammaturga), Igor Horvat (Odisseo), Francesca Porrini (Corifea/Ominide), Edoardo Ribatto (Agamennone), Giorgia Senesi (Clitennestra), Anahì Traversi (Ifigenia)

Scene di Margherita Palli; costumi di Margherita Baldoni; maschere di Roberto Mestroni; musiche di Zeno Gabaglio; disegno luci di Jean-Luc Chanonat, progetto visivo di Dimitrios Statiris

In video: Maximilian Montorfano, Jacopo Montorfano e Agnese Chiodi.

Produzione LuganoInScena in coproduzione con LAC Lugano Arte e Cultura, Piccolo Teatro di Milano-Teatro d’Europa e Azimut, in collaborazione con Spoleto Festival dei 2Mondi, Theater Chur; con il sostegno di Pro Helvetia, Fondazione svizzera per la cultura

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