“Grand Guignol”: la rivincita della colf

La tragicommedia “Grand Guignol all’italiana” è un testo inedito e difficile di Vittorio Franceschi interpretato dalla brillante e simpatica Lunetta Savino con la regia del navigato regista D’Alatri e la produzione del Teatro Stabile d’Abruzzo.

Esterina, una donna malinconica e romantica, fa la governante in casa di una coppia borghese vecchio stile. Lei fedifraga, lui incolta guida turistica, sono entrambi convinti assertori di valori retrogradi e reazionari. È la prima volta che “Cettina” si ritrova a interpretare una colf depressa ma che ama il cinema e la poesia e sogna di trovare l’amore, ma il suo destino sembra segnato: è maltrattata e sottomessa dai suoi datori di lavoro, corteggiata da un rozzo e omofobo salumiere che vuole sposarla per poi impiegarla alla cassa della sua bottega, e per finire è rifiutata da un poetico postino dichiaratamente gay. Maschere così colorate ed eterogenee in un salone sono la miccia di una grande rissa sedata solo dalla possibilità svelata da Esterina di partecipare a un concorso di scrittura dell’inno nazionale che garantirebbe una grossa vincita. Ma lei, schiacciata e frustrata da una realtà così perversa e abietta che si rivela a suon di versi, riesce ad affrancarsi con una vendetta sorprendente e imprevista: “voglio fare il bene facendo il vuoto”!

L’autore si ispira liberamente alle rappresentazioni della Francia di fine ‘800 dove al Grand Guignol andava in scena il teatro macabro e farsesco dai temi scandalosi e violenti. Perché è la satira a rappresentare le storture della realtà.

L’intento del testo era proprio riprodurre, in chiave ironica e satirica, un paese allo sfascio come l’Italia, abitata da una sovrastante piccola borghesia dalla mentalità abietta e ipocrita. Uno spettacpòp artigianale, grottesco e coraggioso, una scrittura pungente, non conformista e politicamente – volutamente – scorretta. Va in scena così una farsa visionaria con un finale alla Tarantino sul labile confine tra il bene e male, tra il sorriso e il pianto.

Lunetta Savino è in ottima compagnia. Ad affiancarla ci sono Umberto Bortolani, Carmen Giardina e Sabastian Fimelli Morosini, Andrea Lupo, tutti con interpretazioni ampiamente convincenti e capaci di rappresentare alla meglio personaggi bizzari e paradossali.

 

Tutto è curato nei minimi dettagli: scenografia, colori e costumi.

Eppure in un contesto così favorevole l’astuta e cinica profezia dell’autore rischia di deflagrare nella sua rappresentazione. La comicità non si rivela così dissacrante, la miscelazione dei generi riproduce confusione, si avverte un po’di frenesia nell’avvicendarsi degli eventi, e il sottotesto finisce per prevaricare. Così la messa in scena perde di continuo ritmo e verve e la poetica ”la luce proviene dalla follia” arriva frettolosa e depotenziata.

Sul finire resta l’amarezza di aver perso un’occasione di riflessione, rimangono solo sprazzi di funesti sorrisi.

 

Roma, teatro Eliseo, 17 Novembre 2015

 

Vittorio Sacco

GRAND GUIGNOL ALL’ITALIANA

di VITTORIO FRANCESCHI

regia ALESSANDRO D’ALATRI

con LUNETTA SAVINO

e con (in ordine alfabetico) UMBERTO BORTOLANI, CARMEN GIARDINA, SEBASTIAN GIMELLI MOROSINI, ANDREA LUPO

e con la voce di PAOLO BONOLIS

scene MATTEO SOLTANTO
costumi GIUSEPPINA MAURIZI
musiche originali RICCARDO EBERSPACHER 
disegno luci PIETRO SPERDUTI
aiuto regia LORENZO D’AMICO 
illustrazioni MARTA CIAMBOTTI
foto di scena PAOLO PORTO

PRODUZIONE

TEATRO STABILE D’ABRUZZO

 

IN SCENA FINO AL 29 NOVEMBRE

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