Giosué D’Asta, il filosofo musicista
“Il rigore può sposarsi alla poesia”

 

Ha un percorso lungo e affascinante, pur essendo poco più che trentenne, Giosué D’Asta, palermitano, autore delle musiche e delle ricerche sonore che vestono e arricchiscono “L’annuncio a Maria”, pronto al debutto il 22 maggio al Teatro Ghione di Roma. Lo incontriamo in piene prove.

Come sei giunto a quest’esperienza?

Diciamo che ho bruciato le tappe. A 25 anni, nella mia Palermo, ero già organista titolare in Cattedrale, frutto di un percorso nato prima del 10 anni, studiando pianoforte, ed approdando poi al Conservatorio sotto la guida di Donatella Sollima. Eppure, quando scelsi di laurearmi in filosofia, ho provocato qualche comprensibile sconcerto. Ho dimostrato che le cose erano conciliabili. E ho capito che il mio senso pratico non mi consentiva di perder tempo a “stringere mani e prendere contatti” (e per questo ho rifiutato di trasferirmi a Los Angeles), preferendo il lavoro.

Quando hai deciso di iniziare a studiare composizione?

Una frattura alla mano ha decisamente favorito questa decisione, ma la passione vera è scoccata col cinema, essendo appassionato di colonne sonore, specie quelle dei film dagli anni ’30 ai ’60. Da lì in poi la cosiddetta “avanguardia” ha distrutto la musica. Trovo che gli “smanettoni digitali”, come li chiamo io, abbiano annientato il lavoro artigianale, sacrificando armonie e contrappunti sull’altare delle “fasce sonore”.

Cosa ascolteremo ne “L’annuncio a Maria”?

Tracce originali, innanzitutto, e un sapore medievale in cui le voci – che di solito mi disturbano – si esprimono attraverso la coralità. C’è alla base un rigoroso percorso filologico, in cui la mia anima cattolica si sposa con una certa severità di attitudine. Ed è per questo che, quando durante la pandemia ho proposto ad Elisa di ripescare questa preziosa e dimenticata opera di Claudel, penso di avere fatto la scelta più giusta.

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