“Gioco di specchi”: la rappresentazione del teatro poetico, onirico ed esistenziale di Stefano Massini.

Il testo originale del pluripremiato autore indipendente fa risorgere in un originale duello due personaggi erranti e leggendari della letteratura di Cervantes: Sancho Panza e Don Chisciotte. I due si risvegliano da un incubo di morte imminente e sprofondano nella realtà di una notte spaventosa. La dimensione onirica, dunque, come presagio di una sventura dove uno dei nostri protagonisti avrebbe perso la vita alle prime luci del sole portando via con sé tutti i sogni e l’irrisolto dilemma dell’identità precaria e incerta di un qualsiasi umano. Una situazione che è specchio di una vita fragile e sospesa tra la realtà e il doppio sogno schnitzleriano. Da qui, come un alfiere e una pedina di una scacchiera, Sancho e Don Chisciotte si imbattono in un duello emotivo a viso aperto ad altissima tensione dove si percorrono le vie più oscure e intime dell’animo umano alla ricerca di un escamotage che possa salvare i due malcapitati dal presentimento di quest’alba mortale e dalla paura delle sue conseguenze. La notte scorre inesorabilmente come la vita fino a confondere l’immagine sbiadita di chi si riflette allo specchio come in un bizzarro gioco dove “la morte non risparmia nessuno ed è uguale per tutti”. “Si è veri solo se si urla”?

La messinscena in pieno stile brechtiano è coinvolgente e insieme convincente, la scrittura pungente e ritmata da rintocchi elettronici e luci soffuse che si riflettono nello spazio metateatrale che separa la notte dal giorno, la morte dalla veglia in uno spazio scenico spoglio ma efficace dove giacciono un piccolo cavallo a dondolo, un’armatura e una scacchiera.

La storia, infatti, rimane costantemente dentro il gioco: ogni scoperta per il pubblico è un fardello e l’istinto è quello di fare chiarezza sul perché l’uomo è fatto cosi male da volersi sempre superare.

Massini, fedele a Brecht, applica al teatro il principio che ciò che conta non è solo interpretare il mondo, ma trasformarlo come il suo Don Chisciotte e Sancho fino a confondersi.

Il dramma e la comicità si alternano magistralmente nell’interpretazione attenta e mimica di Marco Brinzi e Ciro Masella che ne cura anche abilmente la regia. Tutto è collaudato alla perfezione lasciando l’attenzione del pubblico sospesa tra il sogno e la realtà perché non esiste via d’uscita dalla morte se non attraverso i sogni. Nonostante la poesia non si tramuti in emozione, la tensione rimane, la storia si fa seguire fino in fondo richiamando uno scroscio di sentiti applausi.

Roma, teatro Argot, 23 aprile 2015

Vittorio Sacco

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