Ci sono testi che si basano fortemente su un’ambientazione ben delineata, con pennellate d’esterno che molto chiaramente descrivono un paesaggio caratteristico e dunque un netto e preciso sfondo di una storia.
Uno fra questi è sicuramente “Educazione siberiana”, primo testo di Nicolai Lilin, da cui Gabriele Salvatores ha recentemente tratto un ottimo film e che Giuseppe Miale di Mauro ha convertito per il teatro.
Così come nell’opera russa, la storia si svolge in Transinistria quando crimine e disordine hanno iniziato a dettar legge e il baricentro degli abitanti si è focalizzato su parametri decisamente differenti dal resto del mondo.
Armi e preoccupazioni sono all’ordine del giorno, pistole e rivoltelle sono venerate come immagini sacre e corruzione diventa angoscioso sinonimo di criminalità. Protagonisti della trama sono due fratelli che incarnano ottimamente la dualità sia personale che del popolo stesso in atto in quel periodo: quindi Boris che segue una strada lineare e tradizionale e Yuri giudicato invece come ribelle per le sue posizioni decisamente opposte rispetto a quelle del suo consanguineo.
Il cast dal sapore di “Gomorra” svolge abbastanza bene il proprio ruolo, ma sono soprattutto Luigi Diberti, nei panni di Nonno Kuzja ed Elisa Bossi perfetta madre tormentata dalle scelte dei propri figli ad illuminare il comparto di attori scelti.
Risulta ottima la regia di Giuseppe Miale di Mauro che riesce a creare momenti suggestivi e spesso dal taglio cinematografico sfruttando in modo interessante l’efficace scenografia di Carmine Guarino, tutto sommato semplice, ma capace di trasmettere forti emozioni sezionando visuali e provocando sorprendenti giochi di luce.
“Educazione siberiana” è dunque uno spettacolo molto riuscito sotto il punto di vista tecnico, ma pecca sempre dei limiti inevitabili di un palcoscenico di fronte ad una storia complessa come quella di Lilin che, forse, avrebbe imposto il necessario utilizzo di spazi e tempi diversi e molto più ampi.
Gaetano Cutri
Napoli – Teatro Bellini 4 marzo 2014