“Casa di bambola”: il dramma di essere maschio

Filippo Timi e Marina Rocco nel capolavoro di Ibsen con la regia di Andrée Ruth Shammah.

Considerato simbolo del femminismo e delle rivendicazioni delle donne, “Casa di bambola” di Henrik Ibsen, scritto nel 1879, continua a essere un testo tutto da studiare e analizzare. Lo dimostra l’intrigante messinscena di Andrée Ruth Shammah, al Teatro della Pergola con Filippo Timi e Marina Rocco, in cui vittime di un sistema sociale limitato e limitante non è la protagonista Nora, moglie impeccabile, un po’ bambina e molto ingenua, ma gli uomini che le “girano” intorno. In primis, l’“impeccabile” marito Torvald, poi il manigoldo Krogstad (usuraio da cui la giovane si è fatta prestare soldi in passato) e, infine, l’anziano e malaticcio dottore, frequentatore della casa e da sempre innamorato di Nora. Uno e trino, Timi interpreta queste figure maschili, ne rivela debolezze e inerzie, facendo emergere il forte contrasto con la donna (la Rocco), colei che, all’apparenza fragile e incapace di gestire la sua vita, in realtà è artefice del proprio destino e di quello degli altri.

Casa-di-bambola-foto-di-Tommaso-Le-Pera6_media-1024x681Una lettura che non si discosta assolutamente da quella tradizionale, in cui Nora è vista come la moglie che prende consapevolezza della sua condizione di sottomissione e decide di affermare, per la prima volta, la sua identità. Quella è solo la fine della “tragicommedia”, ma per il resto del dramma Nora deve portare il peso del suo passato, di difficoltà, paure, dolori e segreti che ha dovuto affrontare completamente da sola. Non si tratta di furbizia, Nora è tutt’altro che scaltra. Nora cerca soluzioni e sceglie qualsiasi strategia possa portarla alla meta, senza pensare alle conseguenze. Può in questo modo mostrarsi leggera, superficiale, incosciente, ma temeraria. Dimostra il coraggio e l’amore di cui, invece, non è capace suo marito Torvald. Uomo tutto d’un pezzo che nella vita professionale riesce a far carriera, ma che a livello personale ben presto si rivela mediocre e insignificante. La reazione di Torvald è inaspettata e deludente, da quel momento in poi Nora non può più tornare indietro, l’uomo che ha davanti non è più garanzia di amore e protezione, ora deve badare a se stessa e proteggersi, anche da lui. È il momento di andar via, di lasciare la “casa delle bambole” in cui non può più pensare di realizzare se stessa come donna e come essere umano. Soprattutto, non accanto a un uomo che si è mostrato debole e inetto.

debutto-nazionale-a-saronno-per-filippo-timi-507243Alla fine dell’Ottocento l’opera di Ibsen fece scoppiare lo scandalo, nessuno poteva accettare la ribellione di una donna, decisa a uscire dallo status domestico anche a costo di abbandonare i suoi figli. Era innaturale, una madre non poteva mettere al primo posto se stessa. Nora assurgeva a simbolo di vita, di libertà, di dignità. La denuncia di una società repressiva, invadente e maschilista lasciava posto a una riflessione psicologica più profonda sull’uomo e sulle differenze di genere da cui derivano dinamiche cognitive troppo distanti, che solo un “compromesso miracoloso” può avvicinare. La regista Andrée Ruth Shammah, però, pone l’attenzione anche su un altro aspetto: il crollo del “maschio” di fronte all’emancipazione femminile, che si fa evidente nelle tre tipologie di sconfitta. Timi, in un momento di intervallo meta teatrale semi-improvvisato (“urgenza” dell’attore di uscire dagli schemi anche quando, in fondo, non sarebbe necessario) esclama: «Poveri uomini! Che tragedia!». E infatti, Marina Rocco (attrice che anche in questa prova – si ricordano tra le altre “Don Giovanni” di Timi e “Gli innamorati” per la regia di Shammah – dimostra il suo talento) esibisce l’evoluzione di Nora, da bambolina addomesticata a donna determinata, allontanandola sin dal primo istante da un’immagine innocente che non le appartiene. Nora sa il fatto suo, la vita le ha insegnato ad agire per necessità, ha solo bisogno di tempo per capire che le azioni vanno calibrate in base alle leggi, non solo giuridiche, ma anche morali. Non è più disposta ad accettare che quelle stesse leggi si accaniscano ancora di più contro una donna, come se avesse meno diritto a sbagliare dell’uomo. Nora si trova in un vortice che la risucchia pian piano e tutti i riferimenti cedono sotto i suoi piedi. Ma lei si rialza, a differenza dei personaggi maschili che sprofondano inesorabilmente.

Casa-di-bambola-foto-di-Tommaso-Le-Pera-6-e1453387511890Nonostante i colori tenui (rosato e marrone) della scenografia e dei costumi degli attori, l’atmosfera in cui si svolge l’azione risulta sospettosa e cupa – una creatura in nero “aleggia” sul palco e preannuncia la fine di qualcosa –, prepara il pubblico ad aspettarsi che prima o poi la situazione precipiterà. I personaggi sono ritratti nella loro quotidiana esistenza, nella banalità di rapporti stereotipati, una freschezza e un realismo resi ancora più chiari nella messinscena di Andrée Ruth Shammah dove, più volte, gli interpreti sembrano rinchiudersi in un’intimità tale da far sentire gli spettatori quasi invadenti. Degni di nota Andrea Soffiantini, che interpreta la cameriera en travesti esprimendosi solo attraverso proverbi e modi di dire (una sorta di grillo parlante), e Mariella Valentini.

Firenze – TEATRO DELLA PERGOLA, 4 marzo 2016

Mariagiovanna Grifi

CASA DI BAMBOLAdi Henrik Ibsen; Traduzione, adattamento e regia: Andrée Ruth Shammah; Spazio scenico: Gian Maurizio Fercioni; Elementi scenici: Barbara Petrecca; Costumi: Fabio Zambernardi, in collaborazione con Lawrence Steele; Luci: Gigi Saccomandi; Musiche: Michele Tadini; Aiuto regia: Benedetta Frigerio; Scene costruite presso Il Laboratorio del Teatro Franco Parenti e FM Scenografia; Produzione: Teatro Franco Parenti / Fondazione Teatro della Toscana; Interpreti: Filippo Timi, Marina Rocco, Mariella Valentini, Andrea Soffiantini, Marco De Bella, Angelica Gavinelli, Elena Orsini, Paola Senatore.

Foto di scena: Tommaso Le Pera.

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