Inedito confronto, quello tra Antigone e Creonte propostoci dalla rilettura della tragedia di Sofocle realizzata dal giovane drammaturgo Mirko Di Martino, confronto che si realizza sullo sfondo di una controversa lotta di liberazione, cioè la lotta partigiana che nel 1945, con la ferocia di qualsiasi guerra civile, liberò l’Italia dalla repressiva dittatura fascista lasciando comunque un’inevitabile scia di sangue, dolore e ingiustizia.
Scrive giustamente Mirko Di Martino nelle note di regia che Il mito si riscrive continuamente, è questa la sua forza.
In effetti, il mito è naturalmente ed universalmente disponibile alla riscrittura, proprio questa è la peculiarità più interessante e più scandalosa del mito, la sua possibile e continua convertibilità, reiterabilità e attualizzabilità.
Però, perché questa magia della narrabilità e della rappresentabilità possa ripetersi, è necessario un disegno preciso e definito che determini un ponte evidente e robusto tra antico e contemporaneo. Questo ponte, nell’Antigone firmata da Mirko Di Martino, sembra solidissimo, tanto solido da conferire all’intero plot un’aura di autorità e credibilità così corrusca da sganciare l’operazione da qualsiasi altra consimile sperimentazione drammaturgica sul mito, facendo di questa versione dell’Antigone un modello al tempo stesso nuovissimo ed antico del dramma tebano.
L’apprezzabile naturalezza e la disinvoltura interpretativa con cui Luca Di Tommaso e Titti Nuzzolese conducono il gioco scenico, prestando con convincente consapevolezza voce e gesto ai diversi personaggi della tragedia, sono prove indubbie di un progetto dietro il quale non esiste solo una semplice e labile suggestione, ma un lavoro dettato da profonde ragioni etiche ed estetiche, un lavoro che sa responsabilmente guardare alla scena contemporanea senza perdere il gusto dell’ideologia e del pensiero propri della tradizione greca.
(foto Alfonso Fraia)
Sala Assoli, 15/04/2014
Claudio Finelli