“A porte chiuse”, l’esistenzialismo di Sartre rappresentato con verve e profondità

aportechiuse 6“L’’enfer, c’est les autres” (L’inferno sono gli altri) è sicuramente la frase più nota di Jean Paul Sartre, il padre dell’esistenzialismo francese, ed è indicativo che il filosofo abbia utilizzato un dramma da camera come “A porte chiuse” per lanciare la sua provocazione. Il teatro è stato per secoli il mezzo più veloce ed incisivo per parlare alle masse, ed è cosa singolare quanto lodevole che, in epoca di social network e comunicazioni sempre più di massa, una compagnia di giovani attori (espertissima, ma, si sa, in Italia si è giovani fino a 50 anni), abbia pensato di portare in scena questo dramma affascinante, intenso e, perché no, difficile. aportechiuse 7Affermiamo subito che la sapiente regia di Angela Sales gioca molto sulle interpretazioni degli attori, utilizzando un’ intensa caratterizzazione, amplificandone le intenzioni senza particolari concessioni al naturalismo, ed è questo particolarmente interessante, come linguaggio, tenendo presente che la Sales non si cura di creare uno spettacolo in cui la regia si sovrapponga al testo, e questo è di lodevole solidità autorale, poiché restituisce alle parole il giusto peso, e appare un vezzosa quanto spettacolarmente gradevole  trovata quella di innestare un personaggio aportechiuse 5non scritto da Sartre, il diavoletto custode muto interpretato con sagacia e capacità espressiva da Valerio Gargiulo, che accompagna le azioni dei tre personaggi, senza disturbare, anzi sottolineando l’asciuttezza dei dialoghi.  Con lui scorrono davanti a noi i tormenti ed i dubbi dei tre personaggi: accompagnati dal Vallletto (Peppe Carosella) arrivano così il militare disertore Garcin, ottimamente interpretato dal aportechiuse 1bravissimo Danilo Rovani, assolutamente in parte, che regala più di un’emozione, culminando in una bellissima scena conclusiva, l’impiegata lesbica Inès, Serena Pisa, intensa e perfettamente aderente alla durezza del personaggio, unico a riconoscere il proprio delitto ed ad affrontare la pena di un inferno relazionale, e l’infanticida Estelle, a  cui aportechiuse 4Livia Bertè infonde i toni eccessivi di una donna in cui frivolezza e dramma si alternano con veloce susseguirsi.  L‘interpretazione di Rovani e c., grazie all’intelligente impianto registico, che vede coinvolto il pubblico in una sorta di psicodramma che porta ad una giusta empatia tra pubblico e personaggi, e, finalmente, un autore poco praticato (si sa, il teatro di parola piace poco ai registi modaioli) trova la sua giusta chiave per essere compreso ed apprezzato.

Napoli, Teatro Arcas –  26 aprile 2014

Gianmarco Cesario

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