“Restiamo quelli di sempre”
L’etica che si fa teatro

“Il teatro e l’etica” potrebbe tranquillamente declinarsi “il teatro è l’etica”, da quando questa particolarissima forma
d’arte fu ideata dalla civiltà, quella Greca, che all’indomani del grande primo conflitto che contrappose oriente ed
occidente intuì che portare sulla scena direttamente personaggi che manifestassero la loro umanità e i loro sentimenti che, incontrandosi e scontrandosi implicava il rafforzamento di ideali che sarebbero stati alla base della civiltà occidentale.
Il declino degli ideali comporta il declino del teatro e non vi è alcun dubbio che i nostri giorni vedano il progressivo
prosciugamento delle sale teatrali di persone, compagnie, menti che credano in questa vivida e potente forma d’arte.
Desta, quindi, particolare sorpresa – in senso positivo – scoprire che la provincia partenopea, nel generale deserto di
valori che la pervade, sappia partorire una realtà, piccola ma pur sempre esistente e desiderosa di vivere, quale un
piccolo teatro “Ateneo” che si sforza nella proposizione di una stagione teatrale con compagnie composte da giovani
volenterosi che hanno deciso di “crederci”.
Tra esse quella composta da giovanissimi, poco più che ventenni, con freschezza, giovinezza ed energia da vendere che sono arrivati alla quinta replica di una commediola ideata e scritta da Andrea Vicino e Daniele Pisano, amici e
compagni di palcoscenico, studiosi della gloriosa eredita di Eduardo De Filippo e Raffaele Viviani con il loro ultimo
lavoro il cui titolo ha il carattere programmatico di una scelta di vita “restiamo quelli di sempre” imperniata su una
vicenda che, traendo spunto da un episodio reale, ha offerto lo spunto per una rivisitazione in chiave etica ove i
personaggi principali, uomini e donne del popolo, innanzi la possibilità di trarre in ingiusto lucro da una situazione
border line (un principe del Katar che fingendo d’innamorarsi della sorella del protagonista le propone di divenire sua moglie allo scopo di portare una partita di stupefacente in patria facendosi scudo degli ignari e sprovveduti parenti
dell’”amata”) decidono consapevolmente di “restare quelli di sempre” mantenendo dritta la barra del timone nel
governo dei loro principi accettando di preservarne la purezza anche a costo della privazione della libertà.
Spettacolo divertente e fluido, riesce a coniugare la sana e franca risata con la necessità di ciascuno di riflettere
all’inesorabilità del reale che sovente costringe a cambiarci, modificarci ed inquinarci per poter sopravvivere agli
agguati del contingente ed all’inesorabilità del divenire; in questo la lezione di Raffaele Viviani è chiara, così come
lapalissiane i riferimenti al gran Nume Tutelare del teatro napoletano: Eduardo, che più di ognuno urlava a gran voce della corruzione dei costumi e della perdita dei valori innescata dall’inseguimento becero al facile guadagno ed alla
ricchezza conquistata senza fatica.
Andrea e Daniele hanno saputo costruire uno spettacolo in cui recitazione e ballo andassero di pari passo scandendo il procedere della scenografia ideata su due atti ben proporzionati.
Compagnia – giova rimarcarlo – di giovani e motivatissimi attori dei quali si auspica una proiezione verso una
dimensione professionistica del teatro ma che spiccano per simpatia, empatia, spigliatezza e rapidità di cogliere la
battuta: di essi i protagonisti hanno particolarmente spiccato per vivacità e dominio del palcoscenico (Andrea Vicino e Daniele Pisano coi personaggi, rispettivamente di Stefano ed Enzo).
Bravissima Sabrina Hadadi nel ruolo di Assuntina, personaggio ricchissimo di gag che hanno colto e divertito il
pubblico; attrice particolarmente dotata di talento e forza espressiva (nello sguardo, nei gesti e nelle movenze) che ha
conferito particolare realismo al personaggio della moglie eternamente “incavolata” con il marito a cagione dei suoi
insuccessi professionali.
Ottima interpretazione anche quella di Antonio Mattioli, nel ruolo di Delivery/commissario di polizia e di Giuseppina Perrotta, nel ruolo della sorella chiesta in sposa dal principe arabo (Nicola Tartarone).
Godibilissimo anche le parti di balletto/cabaret eseguito dall’Italian National Ballet che, inframmezzando i cambi di
scena conferivano particolare fluidità allo spettacolo.
Una serata piacevolissima trascorsa allo stesso tempo all’insegna della risata e della riflessione in cui la battuta salace napoletana lasciava il campo ad un piano di maggiore profondità etica ove i personaggi s’interrogano e risolvono di
“restare quelli di sempre”: onesti, puliti, irreprensibili in una lezione di vita che solo il meccanismo teatrale può esaltare e vivificare.

Pietro Puca

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