“Solo per oggi” storie di gioventù sfigata

Inventarsi un titolo non è sempre facile. Ciò vale per giornali, per i libri, ma anche per il teatro.

2G2C0354-EditI tragici greci erano lapidari: se la cavavano con un sostantivo, tutt’al più appena qualificato con un aggettivo, un complemento di luogo: Edipo Re; Antigone, Ifigenia in Aulide. Shakespeare, pur generalmente sobrio (Re Lear; La tempesta; Riccardo III), si era anche abbandonato a titoli più articolati e fantasiosi: Molto rumore per nulla, Come vi piace) e, sempre in periodo elisabettiano, John Ford si era spinto fino all’arditezza di Peccato che sia una puttana. Il nostro Pirandello, a distanza di tre secoli, si era mosso su un terreno non meno estroso: Così è (se vi pare); Come tu mi vuoi; Ma non è una cosa seria; Pensaci, Giacomino.

Sono belli, accattivanti i titoli che non spiegano ma suggeriscono, che stimolano la curiosità. Ma, quando il titolo è Solo per oggi, lo spettatore – e anche il povero recensore, che riceve l’informazione da un diligente ufficio stampa – va in confusione.

È un brutale problema di efficacia della comunicazione, di comprensibilità.

Mi permetterei quindi di rivolgere bonariamente a Francesca Sangalli, l’autrice, la raccomandazione di scegliere, in futuro, titoli più praticabili.

Detto questo, è giusto riconoscere i meriti dello spettacolo.

IMG_1983Ancora una volta, la generazione degli attuali trentenni si interroga su se stessa, sulle nevrosi (e le psicosi) tipiche di una categoria oggettivamente sfigata, e lo fa con uno spettacolo il cui registro rimane in equilibrio fra l’ironia e la rappresentazione di un quadro desolante, ma più aderente alla realtà di quanto saremmo disposti a credere.

Alcune situazioni appaiono caricaturali, come la galleria degli improbabili personaggi che sfilano nel centro di auto aiuto, connotati da surreali copricapo e da spiritose invenzioni attorali e registiche, ma proposti con un’ironia mista a simpatia, da uno sguardo affettuoso e solidale.

Infatti, dietro la leggerezza dell’umorismo e la smorfia della satira, si indovina, se non una richiesta di aiuto, certo la denuncia a mezza voce di un disagio vero, il segnale di un vuoto doloroso.

Ipotesi rafforzata dal fatto che lo spettacolo nasce anche da un lavoro di gruppo cui hanno partecipato anche le due interpreti, Francesca Gemma e Alice Francesca Redini.

Il pretesto drammaturgico è fornito dall’incontro, pressoché casuale, di Serena e Viola, coinvolte per motivi diversi nella frequentazione del suddetto centro di auto aiuto (AA): aggressiva, appena scarcerata la prima, più fragile ma apparentemente più normale la seconda; ambedue alla ricerca di un lavoro, o forse di un’identità.

Meglio delineata e risolta è la figura di Serena, alla cui creazione Francesca Gemma ha dato un personale contributo drammaturgico, sostenuto dalla propria esuberante comunicativa, che trasforma una fisicità gradevole ma non canonica in accattivante presenza scenica.

Intelligente e originale la scenografia, che nasce dal combinato disposto degli arredi di Lorena Curti (un baule multiuso, dal quale si cava di tutto, come dal gonnellino di Eta Beta), e delle vignette e i disegni di Alice Azario, proiettate sul fondale, che arricchiscono e ampliano lo spazio scenico. Ogni tanto, sullo sfondo si proiettano brevi video ove le due medesime attrici, trasfigurate nelle espressioni del viso, nella postura, con indosso professionali camici bianchi, dissertano con piglio professionale sulle tecniche dell’AA e sulla cosiddetta terapia dei dodici passi.

Forse l’ironia beffarda che connota efficacemente tutta la prima parte si stempera un po’ in una serie di falsi finali, che smorzano il mordente iniziale.

Ma anche l’assunto quasi buonista che sembra emergere in chiusura può leggersi come il bisogno – forse inconfessato e pudico – di una risposta positiva a quel disagio, espresso sul filo di una beffarda ironia, che percorre l’intero spettacolo.

E non è un caso che questo tema sia sotteso da altri lavori visti in questi ultimi tempi, pur diversi nel linguaggio, proposti da giovani gruppi: penso a Mitigare il buio, scritto dalla stessa Sangalli; Thanks for vaselina; Va tutto bene.

Un motivo in più per dare loro visibilità e attenzione, specie da parte della nostra generazione, ormai tendenzialmente canuta.

Milano, Teatro Out Off  – 10 giugno 2014

Claudio Facchinelli

 

 

SOLO PER OGGI, di Francesca Sangalli

regia Riccardo Mallus

con Francesca Gemma e Alice Francesca Redini

scenografia Lorena Curti

video Andrea Fantasia

vignette e disegniAlice Azario

produzione Giovio 15 col contributo di Fondazione Cariplo

media partner: Paneacquaculture.net

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