“Non volevo morire così” di Pier Vittorio Buffa
L’eterno dramma dei confinati

Due isole, tante storie. Pier Vittorio Buffa scoperchia un mondo di dolore e di soprusi, quelli raccontati dalle lettere dei reclusi di Santo Stefano e di Ventotene: poco più che due scogli immezzo al Tirreno, eppure capaci di raccogliere le vite di tanti italiani, alla fine del viaggio. A Santo Stefano venivano spediti gli ergastolani, a Ventotene i confinati antifascisti, ma la pena è la stessa, e l’effetto della lettura stranisce, confonde, addolora. Introdotto da un’accorata prefazione di Emma Bonino (nessuno meglio di lei), il lavoro di Buffa riannoda i fili del passato e fa risplendere le parole di nomi noti e meno noti, con il loro dolore solitario. Il suicidio come via di fuga, ma anche l’accanimento a resistere. La vita e il suo contrario emergono prepotenti, insieme agli oggetti del quotidiano, alle piccole cose che servono a (soprav)vivere in una piccolissima cella, circondati dalle onde e lontano da tutto. “Non volevo morire così” è edito da Nutrimenti, casa editrice elegantissima per forma e contenuti, e che di Buffa ha pubblicato anche “Io ho visto”, una raccolta di storie di reduci delle stragi nazi-fasciste della metà degli anni ’40. Un percorso coerente, che trova in questo sconvolgente e palpitante diario il suo acme emotivo. E che puà, anzi deve, suscitare ancora sdegno. Per non dimenticare, mai.

Antonio Mocciola

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