Nel bagno delle donne

Oggi ho intervistato Luca Vecchi. Abbiamo scambiato quattro chiacchiere in merito a “nel bagno delle donne“, l’ultimo film di Marco Castaldi, in cui interpreta Giacomo, il protagonista della storia, un trentenne disoccupato e disilluso dalla vita.

Ciao Luca. Come è nato “nel bagno delle donne”?
E’ un copione che andava in giro da tanto, tratto dal libro di Massimo Vitali. Era una specie di Macbeth che nessuno era riuscito a fare. Il protagonista inizialmente doveva essere il Nongiovane. Poi era passato talmente tanto tempo che non era più giovane per davvero.

Il film è tratto dal romanzo “se son rose”. Il film ha lasciato inalterato lo spirito del libro?
Lo spirito credo di sì. Ho letto degli estratti, poiché l’adattamento alla fine ha finito per discostarsi, e lo studio finiva per non rivelarsi materiale utile ai fini dell’adattamento.

Come è stato lavorare con Marco Castaldi?
Marco è un fratello. Siamo cresciuti assieme e questo lavoro è stato semplicemente il sodalizio di un lungo percorso condiviso. Spero ce ne sarà di nuovo occasione. Tutta la troupe era composta da amici con cui collaboro e collaboriamo da anni. E’ stato fatto tutto in famiglia. Lavorare così è un lusso riservato a pochi: ringrazio tutti i giorni di aver usufruito di un privilegio simile.

La nostra è davvero una cultura delle scorciatoie?
Siamo una generazione che ha imparato ad arrangiarsi nonostante non ci sia una grande guerra in corso, anche perché il conflitto, al giorno d’oggi, non è così evidente ma c’è ed è sotto il pelo dell’acqua. Siamo una generazione di eterni precari e stagisti: spesso chi inizia la gavetta non la finisce mai e resta intrappolato in quello status per sempre. Paradossalmente oggi è più difficile di ieri quando il lavoro ti definiva ed eri quello che facevi. Oggi pensare di fare lo stesso lavoro tutta la vita è impensabile. Devi essere curioso e devi tenerti stretta la voglia di imparare le cose.

Quanto c’è di Luca in Giacomo?
Molto. Non avrei saputo fare diversamente. Non sono un vero attore. Sono prestato alla pratica, non riuscirei a mettermi in panni molto diversi dai miei. Sarebbe bello, ma ancora non ci riesco. Farlo è comunque una grande opera di empatia nei confronti del prossimo. E’ un lavoro, che come dice Germano, dovrebbero fare tutti prima o poi. E’ terapeutico e rende le persone esseri umani migliori.

Hai un tuo posto dove fermarti a osservare il mondo?
Internet è uno scorcio interessante sul mondo. Se riesci a svincolarti dalla tua filter bubble puoi arricchirti molto. La parte difficile è non finire invorticato, la fame di input e di informazioni può renderti bulimico, un tossicodipendente della rete.

Il protagonista è più un antieroe, o un disperato?
E che differenza c’è? Giacomo è un eroe per forza. Ci si ritrova. Potrebbe succedere a chiunque. La differenza la fai quando raccogli quell’opportunità e la metti a frutto. Rendersi conto dell’influenza che abbiamo sugli altri e comportarsi da persone responsabili… quello, probabilmente, è diventare un eroe. Non è cosa da tutti!

 

Valerio Molinaro

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