“El romancero de Lazarillo”, Luca Gatta risuscita la Commedia dell’Arte

Etienne Decroux, maestro fondatore del Mimo Corporeo, una volta ebbe a dire:

“La tecnica elimina i mediocri, fa buon uso del talento medio ed esalta il genio”.

Lo spettacolo proposto da Luca Gatta, “EL ROMANCERO DE LAZARILLO”, grazie anche alla singhiozzante e ritmata drammaturgia elaborata da Stefania Bruno dall’originale cinquecentesco romanzo picaresco, ne rispetta in pieno lo spirito. L’impianto dello spettacolo è lineare: Gatta unico attore in scena con due quinte-nécessaire con elementi di cambio a vista e una teoria di personaggi, tutti interpretati o raccontati dal nostro. Il contesto della sala del Convento di San Domenico Maggiore affrescata e impreziosita con stucchi, ben si sposa con i caldi riflessi del disegno luci pensato dal regista. E lo stesso Gatta, protagonista mattatore, risulta essere estremamente credibile nella gestione della scena, elementare ed efficace nelle intenzioni, ma tendente, a volte a una leziosità che distrae lo spettatore dalla bellezza dell’importante lavoro alle spalle. Luca Gatta dimostra, infatti, una consapevolezza corporea e una sapienza del gesto degne di un maestro del doppio degli anni che l’interprete  ha veramente. Ciononostante, proprio questa perizia rischia di offuscare, per eccesso di figure proposte e leziosità di esecuzione, la fruizione del pubblico dell’intera storia. Il gesto, barocco e gradevole se dosato, si sovrappone a tanti altri, e occupa ogni spazio di attenzione, a scapito della storia raccontata e del potenziale narrativo presente nella trama drammaturgica, così fitta di potenzialità di caratterizzazione dei numerosi personaggi. Ciononostante il pubblico dimostra di apprezzare il notevole sforzo profuso in tutto l’allestimento tirando due volte fuori dalle quinte un evidentemente emozionato interprete. In ultima istanza, facendo suonare questo come un suggerimento sussurrato e volendo fare da eco e da contraltare al maestro francese in testa, possiamo concludere con: “L’ottimo è nemico del buono”.

Antonio Gargiulo

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