James La Motta, quando la violenza sfuma nell’Arte

 

Con uno stile tagliente e potente ma allo stesso tempo delicato ed elegante, il regista napoletano James La Motta confeziona una bomba destinata a lasciare una traccia nel panorama vasto (ma spesso cialtronesco) della cinematografia sulle violenze di genere. E’ “Abused child”, che nel titolo racchiude l’intento ma certo non può esprimere l’intensità di quei pochi, intensissimi minuti interpretati da Anna Soares de Oliveira in una sola notte, in una livida ed indifferente Matera. L’occasione era il contest “Cinemadamare”, happening di lusso griffato Franco Rina per filmakers di tutto il mondo. La protagonista ripercorre la sua vita, regalandoci un finale di intensa emozione. La stessa che ha colpito gli spettatori presenti alla prima proiezione, al 74 Festival del Cinema di Venezia, dove l’opera di La Motta era presente fuori concorso. Dopo una proiezione londinese, è arrivata la Festa del Cinema di Roma, in cui il regista ha sfoggiato sul red carpet una sgargiante t-shirt contro ogni violenza. Su questa traccia si muove anche “Myself”, spettacolo teatrale in cui James La Motta torna anche sul palco (oltre che in cabina di regia) e che parla senza peli sulla lingua di femminicidio. Destinato a far discutere, come da giusta missione di ogni progetto artistico che dentro abbia un’anima, e dietro una cultura.

Antonio Mocciola

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