Giorgione

Come un supereroe indossa sempre la sua fida salopette, compagna di mille ricette. Lo sguardo vispo e il volto che trasmette fiducia e bontà d’animo, fanno di Giorgio Barchiesi, in arte Giorgione, uno dei personaggi più amati del panorama televisivo italiano. Con i suoi piatti genuini e la sua simpatia ha stregato milioni di italiani, che seguono con passione, sia sul web che in tv, le idee culinarie proposte dal carismatico oste, volto storico del canale Gambero Rosso Channel.

Buongiorno Giorgione, come nasce il tuo amore per la cucina?

Provengo da una numerosa famiglia borghese romana, eravamo sei figli, una piccola tribù, e fin da piccolo ho amato la cucina e il buon cibo. In casa c’è sempre stato il culto della convivialità e del mangiare bene. Avevamo un’azienda vicino Roma da cui ci rifornivamo spesso. Mio nonno aveva una flotta di pescherecci, per cui ci arrivava anche il pesce fresco da Anzio. Siamo stati molto fortunati. Mio padre aveva una grande passione per la cucina; lui era un ingegnere, ma gli piaceva molto il mondo dei fornelli e forse ho ereditato da lui questo legame.

I nostri amici facevano a gara per venire a mangiare da noi, perché i miei erano molto aperti e si respirava un’aria stimolante e piacevole durante i pranzi e le cene. Non c’era niente di più bello che vivere la convivialità, chiacchierare e mangiare allo stesso tavolo! Mi sono avvicinato al mondo della cucina anche grazie alla mia tata tirolese, a cui sono sempre stato legatissimo, anche perché ho perso mia madre molto presto, quando avevo solo sedici anni, e lei mi è stata molto vicina in quel momento così difficile della mia vita.

Secondo te la felicità consiste nel vivere a contatto con la natura e la riscoperta delle cose semplici e genuine?

Ricorda: dove l’uomo non ha fatto danni la natura vive e sopravvive alla grande! Io ho scelto di allontanarmi dalla città tanti anni fa. Ho fatto il veterinario per diverso tempo in un’azienda in campagna e durante il fine settimana i nostri amici venivano a trovarci per rigenerarsi in mezzo alla natura ed ogni occasione ovviamente era buona per cucinare. Trascorrevamo anche la notte in cucina per preparare questi mega pranzi. Una volta ho cucinato perfino trentacinque chili di polpettine. Ci siamo divertiti tantissimo!

Se non avessi fatto questo mestiere cosa avresti fatto?

Oltre ad aver esercitato l’attività di veterinario, nella mia vita ho fatto diversi mestieri. Per sei anni insieme a mia moglie abbiamo vissuto a Trani, dove è nata la mia seconda figlia; il primo è nato a Roma. Lì ho fatto il consulente per una catena di supermercati. Ma anche a Trani la mia convivialità era diventata famosa e soprattutto le cene e i pranzi che organizzavamo. Il cibo è sempre stato il trade union della mia vita! Dopo aver vissuto diverse vite un giorno sono entrato in un locale a Montefalco che non funzionava e sono riuscito inspiegabilmente a farlo ripartire. Da lì è partito tutto!

 Esiste un piatto che non ti piace?

Non vado matto per i dolci tipo la Montblanc o la Charlotte, troppo pannosi. Non mi piace preparare torte troppo complesse, perché quella è soprattutto chimica, io faccio cose molto basiche. Però se mi devo mangiare un cannolo siciliano, o un bel bignè fritto con la crema me li mangio eccome, magari accompagnato con un bel vin brulè!

Cosa salvi del 2020?

Di questo anno horribilis salvo la speranza che possa avvenire un cambiamento e che le cose possano tornare su una rotta incentrata sulla normalità. Spesso il disagio porta al ragionamento, al porsi dei quesiti. Questo è l’augurio che mi faccio.

 Per quale personaggio storico ti sarebbe piaciuto cucinare?

Domanda curiosa! Ti risponderei dicendo per un imperatore romano: Nerone, o Caligola. Magari un banchetto sulla falsa riga di quelli organizzati da Trimalcione. Il cibo per loro era veramente importante. Mi è successa una cosa simile quando vivevo a Trani, dove c’è una qualità di pesce incredibile. Comprai una cernia di 5 kg e la riempii con frutti di mare e scampi. Oltre che visivamente bellissimo fu anche tutto molto buono!

Qual è la tua puntata preferita di Giorgione?

C’è una puntata Giorgione Monti e Cucina a cui tengo molto. Quella in cui ho ripercorso i luoghi dove ho imparato a cucinare. Ho avuto l’onore e il piacere di cucinare nella cucina privata del castello di Monguelfo, un complesso fortificato del 1100. Lì ho preparato i piatti tirolesi della mia infanzia: era come se la mia tata fosse accanto a me. Quello ti devo dire è stato un momento molto bello e un ricordo che conservo nel cuore.

Ci racconti il tuo rapporto con gli animali.

Ho sempre amato gli animali fin da bambino. Da piccolo andavo a Porta Portese a comprare i pulcini. Con le paghette messe da parte cercavo di comprarne il più possibile e li portavo a casa. Li volevo curare e salvare e per questo li mettevo sotto al termosifone per riscaldarli. Nel terrazzo avevamo il pollaio di guerra e li sistemavo tutti lì. Davanti alla nostra abitazione c’era l’hotel Giulio Cesare e puntualmente gli ospiti dell’albergo venivano svegliati alle cinque di mattina da questi pulcini. Mio padre allora mi obbligò a portarli in campagna. Comunque ho sempre amato tutti gli animali, dai pulcini piccoli ai pitoni di sei metri.

Come ti spieghi il successo ottenuto?

Non riesco a capacitarmi di questo successo intergenerazionale e interclassista ottenuto, ti dico la verità. Ho una platea davvero variegata: bambini, genitori e anziani che si radunano intorno al tavolo a vedere Giorgione. Credo che il pubblico mi apprezzi e mi voglia bene per questa sincerità, per non essere costruito, ma per essere una persona vera e genuina.

 

Non v’è grandezza dove non vi sono semplicità, bontà e verità.
(Lev Tolstoj)

 

Valerio Molinaro

Share the Post:

Leggi anche