1983 Madama Butterfly

1983 Butterfly: l’incredibile amore tra Boursicot e Shi Pei Pu

Una storia vera, drammatica e incredibile al tempo stesso, quella portata in scena con grinta e passione da Giorgia Cerutti e Davide Giglio con 1983 Butterfly.

Un lavoro che recupera una delle storie d’amore più enigmatiche del Novecento, storia che fu al centro di un noto caso di cronaca che esplose all’inizio degli anni ottanta in Francia ed ebbe per protagonisti il diplomatico d’oltralpe Boursicot e quella che, fino ad allora, aveva creduto essere la sua amante di Pechino e che, invece, scoprì improvvisamente, durante il processo per spionaggio in cui erano entrambi coinvolti, essere un uomo.

Proprio così: per vent’anni Boursicot aveva amato “una donna creata da un uomo”, senza nutrire né dubbi né perplessità sulla reale identità di Shi Pei Pu, cantante dell’opera di Pechino. 

Grazie a questo caso di cronaca e alla sua apparente paradossalità, la Compagnia della Magnolia approfondisce il proprio studio sull’identità, realizzando una messinscena tutta incardinata sulla destrutturazione di ruoli e stereotipi comportamentali in cui l’indagine sull’Io è spunto efficace per un lavoro apprezzabile e rigoroso sulle possibilità artistiche ed espressive del corpo, del gesto e della voce.

Ed è proprio questo il punto di forza e di debolezza, al contempo, dello spettacolo. 

Se da un lato, infatti, l’operazione di Cerutti e Giglio entra con coerenza nei perimetri corporei dei personaggi, traendone suggestioni poetiche e immagini forti ed efficaci, dall’altro bisogna riconoscere che l’intera operazione risulta deprivata di qualsiasi sollecitazione emotiva e sentimentale, come se l’identità fosse qualcosa che pertiene solo ed esclusivamente all’estetica dell’individuo, alla forma e non al suo vissuto più profondo, intimo e personale.

Così, mentre l’intera messinscena si configura come un’interessante esecuzione laboratoriale, escogitata e diretta in maniera impeccabile e irreprensibile. anche se certamente non originale, la sostanza della storia d’amore viene imbrigliata e neutralizzata dalla tensione estetizzante dell’intero progetto drammaturgico in cui, in definitiva, la vita circola molto meno di quanto ci saremmo augurati e di quanto avremmo comprensibilmente previsto. E la vita, in una storia d’amore così unica, tragica e “borderline”, non può certo definirsi un dettaglio. 

 

Claudio Finelli

Galleria Toledo di Napoli, replica del 15 marzo

 

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