“La piena fusione tra teatro e danza è avvenuta quando ho visto Pina Bausch, alla fine degli anni 80, a Berlino, che riuscì per la prima volta a fondere in modo perfetto la drammaturgia con la danza contemporanea”.
Raffaela Tramontano, giornalista professionista ed esperta di comunicazione, è autrice del suo primo libro “30 anni e + in Movimento” edito da Liguori Editore, nel 2013. Ma la Tramontano è principalmente una donna solare, grande trascinatrice di entusiasmi e contemporaneamente dotata di un sagace equilibrio che le ha permesso negli anni di conquistarsi la stima degli ambienti in cui ha lavorato. Nella sua carriera giornalistica, si è occupata prevalentemente di teatro e danza, ma anche di cronaca e interni, è stata inviato speciale, ha firmato lunghi reportage dalla Sicilia sulla mafia, ha seguito le gravi stragi di Capaci e di via d’Amelio. E’ dal 1993 che sceglie di dedicarsi prevalentemente alla comunicazione, lavorando con primarie istituzioni culturali, quali il Teatro di San Carlo, Rai, Fondazione Campania dei Festival per il Napoli Teatro Festival Italia, Fondazione Plart, Movimento Danza, Ente di promozione e formazione nazionale. E’ inoltre consulente per la danza nei teatri italiani e stranieri.
Napoli e la danza…che rapporto c’è?
“Napoli è una città strana. Negli anni ’80 si vedeva molta danza ed in particolare danza contemporanea, un dato interessante che viene fuori anche dal libro. C’era sinergia tra i coreografi e tra i ballerini. Questo ha portato ad un fiorire di scuole di danze. Pensa che Napoli è la città del meridione in cui ci sono più scuole di danza, regolari e non regolari: un numero enorme. A Pomigliano c’è l’unico esempio italiano di scuola comunale di Danza. Dagli anni ’80 in poi c’è stato un fiorire enorme di attenzione, anche in termini di passione che è cresciuta nei ragazzi, nei giovani di allora. Questo avrebbe dovuto portare ad un incremento delle scuole di danza e invece si è verificato un fenomeno diverso: improvvisamente c’è stato una specie di blocco, di fermo. Una tendenza però da parte dei genitori ad iscrivere i propri figli solo per moda. Ecco c‘è stata una influenza per molti versi distorta del modo di fare di danza. ”.
La televisione quale ruolo ha giocato?
“La televisione ha sicuramente avuto una certa influenza, e resta sempre il dibattito se sia stata un’influenza positiva o negativa. Personalmente appartengo a questi ultimi: penso a trasmissioni come “Amici” della De Filippi. E’ vero che diffondono una conoscenza della danza che non è quella classica però veicolano anche una informazione distorta su quel mondo. Che è un mondo di fatto di grande studio, di grande rigore e di grande perseveranza. Il messaggio che invece arriva dalla televisione è un pò da mannequin, senza nulla togliere alle mannequin; è solo un’eterna corsa verso il successo”.
Stiamo parlando di danza moderna, giusto?
“La danza classica è sempre molto amata. Per intenderci al Teatro San Carlo lo Schiaccianoci ha fatto il tutto esaurito a dicembre. La tradizione italiana verso la danza classica è molto forte. Sulla danza contemporanea c’è invece ancora poca conoscenza, ed è un peccato! Un esempio è stato lo spettacolo storico di Pina Bausch, presentato nei mesi scorsi al San Carlo: Cafè Müller uno spettacolo che ha fatto storia. La Bausch, è stata una coreografa importantissima che dato una svolta alla danza contemporanea fondendo danza e teatro.. Ecco, mi sono trovata vicina a delle persone del pubblico che criticavano aspramente lo spettacolo, io penso solo perché c’è una certa ignoranza, poca conoscenza. A differenza del resto d’Europa dove invece è uno dei generi più seguiti”.
I nomi a Napoli, quali sono…Gabriella Stazio…
“Gabriella Stazio è sicuramente uno dei nomi, è stata un’antesignana. E’ stata fortunata nella sua attività di coreografa e danzatrice perché ha avuto una famiglia che l’ha molto appoggiata nelle sue scelte. Ha avuto la possibilità a 18 anni di andare all’estero, di studiare con Carolyn Carlson, di potersi confrontare con artisti internazionali, tra cui appunto Pina Bausch. Questo le ha permesso, a differenza di altri artisti, di tornare a Napoli per investire sulla danza. La differenza sta proprio in questo, un modo che l’ha resa diversa: se ne è andata per poi tornare. E’ stata lungimirante perché ha importato tante novità. Una tra tutte la giornata mondiale della danza inventata nel 1982 dal C.I.D. (Comitato Internazionale della Danza Si festeggiava in tutta Europa, in Italia è stata importata da Gabriella Stazio. E’ stata anche la prima a fare danza nei siti museali”.
Bisogna travalicare la soglia dei musei perché la danza è arte, giusto?
“Assolutamente sì. E’ stata la forza di Gabriella continuare ad abbinare danza e arte, live e arte. Lei crede fortemente nella sinergia tra diversi artisti e forme e campi differenti”.
E quali sono gli altri coreografi ballerini
“Luciano Cannito è partito da Napoli, è andato in Israele, per brevi periodi è tornato al San Carlo e poi se ne è andato di nuovo. Irma Cardano coreografa e ballerina adesso fa un lavoro molto serio e metodico in una scuola a Portici. E poi c’è Claudio Malangone di Salerno, ballerino, coreografo da 25 anni, medico psichiatra, lavora in Ospedale ed ha una sua compagnia. Ama fortemente la danza al punto da fargli dire: ”Amo il mio mestiere di medico tanto quanto quello della danza. Non potrei mai lasciare nessuno dei due”. Riesce a coniugare i due campi ed ha trovato il modo di farli coesistere. Attualmente ha presentato un progetto coreografico in Vietnam, spesso è all’estero per dedicarsi alla sperimentazione”.
Tanto da poter dire Napoli capitale della danza..oltre che del teatro
“Sì. Ripeto, c’è una cosa strana nel mondo della danza: diminuiscono i critici, si scrive poco di danza. Per molti anni, per circa trenta, ha scritto sul Mattino Vittoria Ottolenghi che però non era di Napoli. Poi c’è stato Alberto Testa su Repubblica. Scomparsi loro non c’è stata una nuova generazione di critici”.
Potresti organizzare una scuola di critici della danza..Conosci le tecniche, hai studiato danza, sei stata a contatto con il San Carlo…..
“Me lo hanno spesso chiesto tanti di fare corsi di formazione sapendo che ho fatto danza classica, ho studiato in due scuole e posseggo una profonda conoscenza della storia e delle tecniche di danza. Senza dimenticare che la mia attività di giornalista comincia con articoli sulla danza. Subito dopo la maturità per un caso conobbi Vittoria Ottolenghi, che mi prese sotto la sua ala protettrice. Cominciai a collaborare con Napoli Oggi, e chiesi al direttore Orazio Mazzoni di scrivere di danza e teatro. Una cosa era certa: non volevo occuparmi di Economia perché era il settore di cui scriveva mio padre per il Sole 24 Ore. Poi incontrai Vittoria, che si innamorò di questa mia dichiarazione d’amore per la danza che avevo rivolto al direttore Mazzoni. Anche lei era diventata una critica per caso, grazie al matrimonio con un inglese e quando le chiesero di scrivere per una enciclopediala la storia della danza..”.
Insomma è una bella storia di maestri di vita, di mentori.
“Infatti. Per me Vittoria Ottolenghi rappresentava un faro. E’ stata una figura importante, tra noi si è realizzato un legame molto stretto. Mandavo prima a lei gli articoli, lei mi suggeriva delicatamente di cambiare qualche aggettivo. Insomma è stata la mia mentore. Per entrambe la danza si è rivelata una grande passione, come per il teatro”.
Come si intrecciano queste due forme artistiche nella tua attività giornalistica?
“Per me è stato facile, perché culturalmente dalla mia famiglia ho imparato ad amare teatro, musica, danza. La piena fusione tra teatro e danza è avvenuta quando ho visto Pina Bausch, alla fine degli anni 80, a Berlino che riuscì per la prima volta a fondere in modo perfetto la drammaturgia con la danza contemporanea. La Bausch ancora oggi rimane la coreografa che ha innovato portando un cambiamento decisivo creando il teatro danza. E’ riuscita a far diventare il corpo elemento scenografico essenziale. E’ stata questa la sua genialità e lo sa bene chi vive e conosce la danza contemporanea”.
E’ nata una nuova Pina Bausch nella coreografia?
“Non ancora. Secondo me c’è un fermo in Europa, ci sono pochi nomi. Forse dovremo aspettare un salto generazionale, è un momento di passaggio, i coreografi giovani stanno finendo ancora di studiare. Magari possiamo riparlarne tra qualche anno”.
Al Napoli Teatro Festival abbiamo visto la perfezione della compagnia israeliana…..
“Sì. E’ molto interessante, si legge la profondità nello studio del movimento. Gli israeliani lavorano sul sincronismo, sulla velocità e sulla lentezza, sulla conoscenza reciproca dei corpi E’ un lavoro meticoloso per giorni e giorni chiusi nei kibbutz, c’è rigore e severità. E’ quello che ci ha regalato la scuola russa del sincronismo perfetto, delle punte allo stesso livello. Appunto gli israeliani mi ricordano la scuola russa di danza classica, nel movimento si muovono alla stessa maniera, c’è quella severità maniacale tipica della scuola russa”.
Anche per la danza ci sono scarsi finanziamenti..
“Storicamente la danza è la Cenerentola dell’arte, quella pagata sempre un pò meno. La danza è molto di settore. C’è stato forse qualche errore da parte di teatri lirici italiani. Per molti anni, infatti, si è vista solo danza classica. Se si fossero aperti prima alla danza contemporanea, forse il pubblico sarebbe aumentato, ci sarebbe stato un interesse maggiore. Negli ’90 quando Luciano Cannito ha messo in scena Barbie, è sembrata una follia. Lo spettacolo fu stroncato, ai più sembrò di violare i teatri lirici con la danza contemporanea, diversamente dai teatri europei. La realtà è che c’è stata una politica culturale italiana sbagliata”.
Con il tuo libro si scopre che Napoli fa sempre la sua parte..
“E’ così, Napoli la fa sempre. Si scopre però che il Mercadante non è ancora teatro nazionale, si scopre che sono nate tante scuole. Si scopre che ètoile come Giuseppe Picone, Ambra Vallo diventa prima ballerina di Londra, Gabriella Stazio…”.
Allora dobbiamo a te i bellissimi spettacoli di danza nel programma del Napoli Teatro Festival..
“Sicuramente ho contribuito a sensibilizzare ma sono stata fortunata: al San Carlo ho lavorato con Lanza Tomasi e con Canessa. Al Napoli Teatro Festival, Renato Quaglia l’amava di meno ma ci ha fatto vedere Carol Hermitage, Luca de Fusco ama la danza in maniera strepitosa”.
Le nazioni di riferimento per la danza contemporanea..
“Francia e Inghilterra. Da Pina Bausch in poi anche la Germania”.
La video danza,,.è una musa fredda dello schermo.?
“Il video utilizzato nello spettacolo va anche bene, ma la danza è pathos. Si deve avvertire l’emozione del corpo… ed anche il suo sudore”.
Tre parole per definire la danza:
“Passione, follia e rigore”.
Diletta Capissi