Denuncia feroce di Koltès verso una società misera nello spettacolo di Paolo Magelli al Teatro Metastasio di Prato.
Nessuna salvezza, nessuna redenzione. Ci sono “buchi del mondo” in cui esistono altre leggi e, se non obbedisci, sei morto. Era il 1985 quando il drammaturgo francese Bernard-Marie Koltès scriveva “Quai Ouest”, uno dei suoi testi meno rappresentati. Difficile per la brutalità che trasmette, complesso nella sua struttura indefinita: non tutto viene chiarito alla fine della pièce perché non conta la trama, ma la condizione umana di “non ritorno” che caratterizza ognuno dei personaggi da lui tratteggiati. Ribelle di carattere, protagonista di una vita breve e violenta, Koltès denunciava tra gli anni ’70 e ’80 i mali sociali contemporanei: razzismo, emarginazione, aggressività verso i diversi, che fossero emigrati, omosessuali, profughi. Paolo Magelli, direttore del Teatro Metastasio di Prato e regista dello spettacolo, propone quest’opera per la sua tragica attualità: nei miserabili di “Quai Ouest” si possono rispecchiare gli immigrati che giungono sulle rive della nostra penisola in cerca di pace, prossimi a un’esistenza di miseria ed esclusione.
Di grande impatto visivo e concettuale la scenografia di Lorenzo Banci: entrando nel Teatro Fabbricone, infatti, sembra davvero di essere alla periferia di una città, nei pressi del porto, dove tutto è lasciato in stato di abbandono: il cantiere di lavori, i resti di alcuni containers, le persone che ci vivono. Intorno solo fango, in cui i personaggi affondano i loro stivali e rischiano di scivolare in ogni momento. Il fango di cui sono macchiati i loro vestiti, i loro corpi e le loro anime. Sono impantanati, come l’auto che giunge all’improvviso da chissà dove rappresentando per loro una falsa speranza di fuga. L’arrivo di due borghesi, un uomo e una donna, rompe quel circolo vizioso di povertà e delinquenza, sembra un segno del cielo, un’occasione per tutti di “cambiar vita”. Ci credono Charles (Francesco Borchi) e la giovane Claire (Elisa Cecilia Langone), ci crede persino la madre Cècile (Alvia Reale), prostituta malata e rabbiosa, emigrata con la sua famiglia sudamericana illudendosi di migliorare la propria condizione sociale. A completare l’orrendo quadro familiare Rodolfe (Mauro Malinverno), un inetto che finge di essere menomato pur di non prendersi le sue responsabilità di padre, disamorato verso i suoi stessi figli. Due altri personaggi vivono in questo quartiere malfamato: Fak (Fabio Mascagni), teppistello da niente, infantile e senza scrupoli, e Abad (Francesco Cortopassi), detto il Negro.
Quest’ultimo condensa in sé l’abisso del mondo suburbano, è l’emarginato tra gli emarginati, vittima del razzismo di coloro che sono rimasti “esiliati” dalla società, la quale brulica lì, a pochi passi, e di cui i due sconosciuti sono immagine. Eppure Maurice (Paolo Graziosi), intellettuale cattolico amministratore di beni ecclesiastici, non è affatto realizzato dalla sua esistenza borghese, anzi: si spinge fin oltre il “confine del suo mondo” proprio per suicidarsi dove nessuno potrà mai andare a cercarlo. Inutile l’intervento di Monique (Valentina Banci), avvenente rossa disorientata. Cosa pesi nell’anima di ogni personaggio non sempre viene rivelato, i loro rapporti sono ambigui, spesso perversi. Lo scopo di Koltès, però, non è costruire un dramma psicologico, se nessuno si salva è conseguenza della questione sociale e politica irrisolta. E se i monologhi di ognuno nel corso della rappresentazione lasciano ancora uno spiraglio per la risoluzione dei problemi, alla fine tutto degenera tra abbandoni, maledizioni, abusi e spari.
Un testo avvincente in una scenografia opprimente, anche se la curata regia di Magelli trova il suo punto debole nella recitazione: non convincono la leziosità di Paolo Graziosi e l’esuberanza di Alvia Reale (soprattutto all’inizio), entrambi in contrasto con il crudo realismo della vicenda, anche se l’attrice verso la fine recupera la drammaticità di cui sappiamo quanto sia capace come interprete. Si conferma elegante e incisiva Valentina Banci; credibili ed efficaci Fabio Mascagni e Francesco Borchi. Lo spettatore esce dal teatro con un magone nello stomaco, così come probabilmente era nelle intenzioni di Koltès.
Prato – TEATRO FABBRICONE, 13 novembre 2014
Mariagiovanna Grifi
QUAI OUEST – Regia: Paolo Magelli; Autore: Bernard-Marie Koltès; Traduzione: Saverio Vertone; Dramaturg: Željka Udovičić; Scene: Lorenzo Banci; Costumi: Leo Kulaš; Musiche: Arturo Annecchino; Luci: Roberto Innocenti; Interpreti: Valentina Banci, Paolo Graziosi, Francesco Borchi, Francesco Cortopassi, Fabio Mascagni, Elisa Cecilia Langone, Alvia Reale, Mauro Malinverno; Produzione: Teatro Metastasio Stabile della Toscana, Spoleto57 Festival dei 2Mondi.
Foto: Luca Manfrini.