L’apparenza inganna: quante volte abbiamo ripetuto questo adagio riferendoci a giudizi troppi sommari e superficiali espressi sul prossimo o sulla nostra stessa persona? Quante volte, con leggerezza e arroganza, abbiamo confuso e ribaltato rappresentazione e mondo rappresentato, il nostro autentico universo sentimentale e la proiezione dei nostri sentimenti nell’universo?
In effetti, questo gioco di immagini esteriori e intimi equilibri, gioco catottrico in cui sono relegate le nostre fantasie e le nostre convinzioni e di cui, nostro malgrado, siamo tutti prigionieri, stretti e soffocati da forme e maschere dietro le quali abbiamo vissuto e grazie alle quali ci siamo offerti al giudizio altrui, è il gioco in cui sono intrappolati i due protagonisti di “L’apparenza inganna”, dramma di Bernhard, messo in scena con grande intelligenza e lucidità da Federico Tiezzi e interpretato da due grandissimi “giganti” del teatro italiano che, con questo testo, hanno già in passato raccolto applausi e apprezzamenti: Sandro Lombardi e Massimo Verdastro.
Vere protagoniste dell’intera pièce sono la solitudine e l’inettitudine affettiva, infatti Karl e Robert, rispettivamente giocoliere e attore, fratelli entrambi in pensione, sono come cristallizzati, o meglio incatramati, nella loro esistenza palesemente e drammaticamente vuota e isolata in cui frustrazioni e rimorsi hanno scavato e continuano a scavare incolmabili abissi di rabbia e dolore.
Eppure, Karl e Robert si incontrano ogni martedì e giovedì, ma si tratta di rendez-vous consumati senza alcun entusiasmo ma solo per pedissequo ossequio all’abitudine e a un tacito patto di fratellanza: i loro incontri – proprio come le loro esistenze – sono sostanziati da una cortese e reciproca esibizione sociale dietro la quale si muove, in maniera silente, un magma inespresso e incandescente di verità ed egoismo, di rivendicazione e livore, un magma potenzialmente distruttivo e devastante.
La morte di Mathilde, moglie di Karl, amata da entrambi in maniera diversa, è l’avvenimento che intacca improvvisamente l’equilibrio relazionale dei due fratelli e qualcosa nell’ordine ossessivo ed esteriore dei loro appuntamenti bisettimanali, inizia a crepitare, a dare segni di cedimento, a venir meno. Percepiamo in maniera manifesta che il magma inizia a fluire con maggiore violenza nelle latebre profonde della coscienza di Karl.
Certo, il fatto che la moglie di Karl, morendo, abbia lasciato in eredità a Robert la casetta del week-end è il movente apparente di questa sinistra e ambigua metamorfosi delle relazioni e degli incontri tra i due fratelli, ma dalla piccola crepa aperta nella vita di Karl dall’imprevisto lascito, iniziano ad emergere schegge di verità, ricordi taglienti e affilati come lame, gesti che sembrano nuovi e lasciano presagire nuovi scenari, una domestica e fraterna resa dei conti che trascinerà, probabilmente entrambi, nel disastro sentimentale delle loro vite, nelle temperature vertiginose di quel magma d’umana sofferenza a cui la crepa – la casetta del week-end – ha dato definitivamente spazio.
Teatro Nuovo, Napoli, mercoledì 17 gennaio 2018