“In nome del padre” di Arnolfo Petri
L’eterna lotta generazionale

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Uno stimato professore, il suo letto, un grido di dolore durante la notte.

Questo l’inizio di un percorso talmente interno ed incisivo da lacerare le anime di chi, in sala, pensa a suo padre o a suo figlio.

In nome del padre è questo, il grido che dalla notte arriva fin dentro i segreti di un uomo che sembra messo su una immaginaria ruota di tortura medioevale, legato ai suoi ordinati e sicuri schemi per le gambe e ai suoi istinti ancestrali ed emotivi per le braccia.

Liberamente tratto da “Affabulazioni” di Pasolini (autore fin troppo sfruttato ma poco compreso nell’intimo i cui temi sono tanti e tali da evitare qualsiasi tipo di indicizzazione rispetto a canoni precedenti), la pièce teatrale di Petri compie la lodevole opera di diffusione di temi che vengono toccati meno e che, a mio avviso, ancora poco vengono capiti di questo monumento nazionale mai abbastanza studiato. Dimenticato nelle pieghe di una società chiusa che forse ancora non gli perdona ( e forse non gli perdonerà mai), l’aver messo un termometro di indicibile precisione alla sua ipocrisia.

Il regista e interprete compie uno viaggio immaginifico nei suoi ricordi toccando varie corde, dai piacevoli sorrisi giovanili, alla passione per l’amore che credeva essere quello della sua vita. alle pugnalate brusche e animalesche, tutto senza mai toccare il palco dall’alto (o dal basso), di un letto che sembra l’altare sacrificale di un rito pagano.

Registicamente ottimo, con movimenti che trasformano l’unico attore sul palco in una statua narrante (complice il teatro il Primo che fornisce l’intimità giusta per tali testi e tematiche). La scenografia è scarna, minimale, un letto troneggia al centro del palco e drappi di stoffa stabiliscono i confini della stanza, le vecchie regole non muoiono mai: la parola… La parola su tutto!

Le musiche hanno il calore giusto, abiti fatti a mano da Marco Mussomeli che alcune volte levano attenzione, anticipano un momento.

L’opera in se’ risulta introspettiva e onirica e a tratti angosciante, mai banale. Come ogni opera letteraria di livello, compie il tentativo (nel caso di Pasolini riuscito), di scavare nelle caverne di rapporti che talvolta rimangono ancestrali. Un uomo divenuto padre, il suo corpo che decade, un bambino che diventa uomo e usurpando il potere di chi lo teneva nelle braccia. Un Edipo al negativo che parla a tutti noi al nostro interno che vuole mostrarci i segreti che, abbiamo seppelliti dentro, che non vogliamo confessare ma che di notte, talvolta, vengono a farci visita.

                                                                                                                       Napoli. 16 dicembre 2013

 Edoardo Nappa

 

 

 

TEATRO IL PRIMO

via del Capricorno 4

Solo 14 (ore 21) e 15 dicembre (ore 18)

Compagnia Arnolfo Petri

IN NOME DEL PADRE

Scritto, diretto ed interpretato da Arnolfo Petri

Impianto scenico: Armando Alovisi

Musiche originali: Marco Mussomeli

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