Un cast giovane per il capolavoro rossiniano che rientra nel progetto “Laboratorio Toscano per la Lirica”.
Giunto al quindicesimo anno di età e insignito nel 2013 del premio “Franco Abbiati” per la categoria “migliore iniziativa”, LTL Opera Studio presenta la sua quattordicesima produzione portando in scena “Il barbiere di Siviglia”, capolavoro assoluto di Rossini. Lo spettacolo, andato già in scena al Goldoni di Livorno e al Giglio di Lucca, sbarca al Verdi di Pisa e proseguirà la sua tournèe al Coccia di Novara. Tutti i teatri citati sono partner del progetto, patrocinato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e dalla Regione Toscana, che seleziona una schiera di giovani talenti e dà loro l’opportunità di partecipare al “Laboratorio Toscano per la Lirica”. I cantanti scelti per i ruoli solisti sono in numero maggiore rispetto ai personaggi del libretto e si alternano nelle diverse recite.
Il titolo rossiniano è una scelta felice. Il cast giovane dà modo al regista, Alessio Pizzech, di predisporre un meccanismo scenico accattivante, che si integra in modo intelligente con la musica, e sfrutta tutte le potenzialità comiche dell’opera, giocate spesso sui movimenti veloci e ridicoli. Pizzech non lascia inesplorata alcuna possibilità e non concede tregua ai cantanti, specialmente al protagonista: Carlo Checchi (Figaro) è bravissimo nell’assecondare le indicazioni registiche, ma le sue movenze rockettare appaiono talvolta ridonanti. Molto divertenti e ben congegnati il finale del primo atto e l’inizio del secondo, con il Conte (Bechara Moufarrej) travestito da Don Alonso new age e Don Bartolo (Diego Savini) coi piedi a bagno. L’unica scena che non convince è quella della serenata: i suonatori indiavolati che si scatenano rendono poca giustizia all’afflato poetico e dolcissimo della musica.
Molto interessanti e ben organizzate le scelte scenografiche curate da Pier Paolo Bisleri. Lo spazio vuoto viene riempito di volta in volta da apparati e oggetti scenici semoventi o spostati dai cantanti che creano i luoghi e li arredano a vista. Anche in questo caso tutto è organizzato per collaborare alla creazione di una danza continua che è poi quella della vivace musica rossiniana, travolgente nei virtuosismi che riesce a raggiungere. Tutto ciò che sta sul palco (eccetto i costumi) è bianco per riflettere la luce che lo illumina (secondo il sapiente lavoro di Claudio Schmid) con infinite sfumature di colore, per sottolineare ancora una volta il continuo e incessante gioco di variazioni della musica del maestro pesarese.
Non ci è chiaro quale sia stato il lavoro di concertazione di Nicola Paszkowski e se mai ci sia stato. La sua direzione è sempre troppo veloce, la musica è sempre troppo forte, non indulge ai piani indicati dalla partitura e spesso copre i cantanti, che nonostante questo sono bravi a trovare il tempo di respirare. In tal modo non sono evidenziati gli infiniti colori richiesti da Rossini e anche il crescendo, stilema precipuo della sua scrittura, perde la forza connotativa.
Tutti bravi i giovani interpreti che riescono a servire fino in fondo la complessa struttura registico-scenica senza che questo influisca negativamente sulla loro esecuzione vocale. L’unico neo è un inizio non proprio soddisfacente per il tenore che sembra cantare con un vibrato troppo caprino. Se nel prosieguo si riscatta appieno rivelando dei bellissimi acuti, purtroppo la sua coloratura non è ancora risolta e questo è un problema per il repertorio rossiniano (Paszkowski poteva evitare di fargli eseguire “Cessa di più resistere”). Carlo Checchi è un baritono molto chiaro, ma riesce a reggere bene il ruolo e in scena è disinvolto. Diego Salvini (Don Bartolo) ha una voce robusta nonostante la giovane età, un ottimo falsetto e risolve molto bene le asperità dell’aria del primo atto. Alessia Martino (Rosina) gestisce la coloratura con facilità e dimostra eccellenti doti interpretative, anche se palesa ancora qualche lacuna tecnica nell’affrontare il registro acuto. Molto brava Lucia Conte (Berta) che esegue la non facile aria con disinvoltura e con una voce incantevole. Eugenio di Lieto (Don Basilio) esibisce un timbro eccellente come non se ne sentono molti in giro, ma la voce è tecnicamente troppo acerba per affrontare un ruolo così impegnativo, per cui ad esempio il colpo di cannone previsto della “calunnia” non esplode affatto.
Nel complesso lo spettacolo riesce a intrattenere e divertire gli spettatori che gremiscono la sala e che ripagano tutto il cast di molti applausi. Ci è parso di sentire qualche fischio per il regista e non ce ne spieghiamo il motivo.
Pisa – TEATRO VERDI, 22 febbraio 2015
Diego Passera
IL BARBIERE DI SIVIGLIA. Melodramma buffo in due atti dall’omonima commedia di Pierre-Augustin Caron de Beaumarchais. Libretto: Cesare Sterbini; Musica: Gioachino Rossini; Editore proprietario: Casa Ricordi; Edizione critica della partitura: Alberto Zedda; Direttore: Nicola Paszkowski; Regia: Alessio Pizzech; Scene e costumi: Pier Paolo Bisleri; Luci: Claudio Schmid; Orchestra: OGI – Orchestra Giovanile Italiana; Coro: Ensemble LTL Opera Studio. Foto: Augusto Bizzi.
Interpreti: Bechara Moufarrej (Il Conte d’Almaviva), Diego Salvini (Don Bartolo), Alessia Martino (Rosina), Carlo Checchi (Figaro), Eugenio di Leto (Don Basilio), Lucia Conte (Berta), Federico Cucinotta (Fiorello), Andrea Gambuzza (Ambrogio), José Gabriel Morera (Notaio), Lorenzo Malagola Barbieri (Un ufficiale).