E’ giovanissimo, con grandi prospettive, tormentato ma anche determinato. Francesco Marandola é l’ultima scommessa di Antonio Mocciola, che affida all’attore romano una vera e propria “bomba a mano”: “La prima goccia bianca”, in scena a Interno 4, il delizioso scrigno d’arte creato da Chiara Pavoni nel cuore di Roma. Regia dello stesso Mocciola, coadiuvato da Bobby Garnero.
Una sfida coraggiosa, in cui il personaggio del monologo, completamente nudo dall’inizio alla fine, compie un vero e proprio “auto-da-fé” pubblico descrivendo nei minimi dettagli gli abusi subiti dall’ultima persona che ci si aspetterebbe: la sorella maggiore. Un percorso intimo, scomodo, osceno, quasi insostenibile sia per il pubblico che per l’attore stesso, pronto a concedere alle parole taglienti dell’autore partenopeo la verità di un corpo sovra-esposto, che ha attraversato la violenza ed il dolore, e che esprime in tutta la sua totale nudità un candore dai risvolti “dark”, spalancando al pubblico tutte le sue parti più intime, fino alle estreme conseguenze, necessario rito di rinascita. E l’attesa della “prima goccia bianca” (facile capire di che si tratta) diventa per tutti spasmodica attesa di liberazione. Abbiamo incontrato Francesco Marandola per una breve intervista.
Come nasce la scintilla che ti ha fatto divenire attore, e quale è stato finora il tuo percorso?
La scintilla che mi ha fatto diventare attore è nata a 14 anni quando vidi uno spettacolo a teatro, dei miei genitori. Mentre guardavo lo spettacolo, mi immaginavo sul palco e dentro sentivo il cuore esplodere… da quel momento ho capito che recitare è quello che voglio fare per tutta la vita. Il mio percorso è iniziato mentre ero in terzo liceo, facendo dei corsi di teatro da una volta a settimana e poi a Giugno si metteva in scena lo spettacolo finale. Appena diplomato, ho iniziato subito l’Action Academy, un’accademia di cinema a Roma, e l’ho frequentata per due anni. Finita l’accademia prendo quasi subito il mio primo ruolo in una sitcom che si chiama ”playerz”, regia di Matteo Branciamore e Giorgio Croce Nanni. Qualche tempo dopo mi chiamano per fare una pubblicità per la Toyota e poi per fare alcuni cortometraggi. Ho anche lavorato a teatro, portando in scena alla Cappella Orsini, a Roma, uno spettacolo scritto da me e da Marco Medelin che si intitola ”SEMPLICEMENTE IO”. Il mio ultimo lavoro è uno spettacolo sulla storia del serial killer ”Roberto Succo”, dove sono stato diretto da Francesco Montanari. è stato veramente complesso entrare nei panni di questo serial killer, ma grazie all’aiuto del regista e dei colleghi sono riuscito ad entrarci… è stato un viaggio pazzesco.
Il 30 novembre debutta un monologo che ti vede protagonista assoluto. Com’è stato l’incontro con l’autore e regista di “La prima goccia bianca”, Antonio Mocciola?
Antonio l’ho conosciuto l’anno scorso in occasione di una rassegna alla Cappella Orsini, mi hanno dato il suo contatto e ci siamo incontrati perché voleva vedermi per dei suoi spettacoli e da li è nata una stima reciproca che ci ha portati a questo spettacolo. Antonio è un grande professionista, mette l’anima in quello che fa e io non posso fare altro che ringraziarlo per la fiducia e il credo che ha in me, affidandomi questo monologo.
Di cosa parla lo spettacolo, e nello specifico il tuo personaggio?
Lo spettacolo parla di un rapporto molto complesso tra fratello e sorella, dove lei è molto oppressiva nei confronti di lui, è uno spettacolo molto forte ma anche innovativo perché parliamo di uno stupro fatto dalla sorella nei confronti del fratello. Il mio personaggio è un ragazzo malato, depresso, alcolista, tabagista con dei grossi problemi con la sua sessualità, causati dalla sorella. è un personaggio triste, che non è in grado di reagire a nessuno stimolo esterno ma accumula tutto fino al momento in cui sbotterà e finalmente sarà libero.
Lo spettacolo, dalla sinossi, specifica che si parla di inibizione, in una chiave insolita, ovvero con una violenza da femmina a maschio, in ambito familiare. La tematica è scomoda, ti piacciono le sfide?
Devo dire la verità, le sfide mi piacciono molto, ma questa l’affronto anche con un pizzico di terrore perché tocchiamo un argomento delicato e soprattutto, è raro che venga rappresentato a teatro. Sono molto emozionato e contento di far parte di questo spettacolo ma anche un po’ teso.
Per tutto il monologo sarai completamente nudo, affidando alla tua sola voce e al tuo corpo il senso dello spettacolo. Come ti approcci a questa esperienza? Come vivi il rapporto col tuo corpo? Il pensiero che sei da solo, nudo, davanti a tanta gente conosciuta e sconosciuta, ti da’ più carica, ti può intimidire o semplicemente ti concentri sul tuo ruolo?
Mi approccio a questa esperienza con entusiasmo ma anche con paura, perché è la prima volta che sarò completamente nudo su un palco . Questa paura è anche dovuta ad un rapporto d’amore ed odio (più odio) con il mio corpo però il pensiero di essere nudo davanti alle persone, sul palco, non mi da carica né mi intimidisce. La nudità, per me, è un ”costume” di scena; la cosa più importante è che arrivi al pubblico il messaggio che questo spettacolo vuole inviare. spero di riuscirci.