Con“Don Giovanni”, (Khora.teatro – Teatro Stabile d’Abruzzo) Alessandro Preziosi, regista e protagonista, sceglie di riproporre un mito senza tempo attingendo dalla versione che ne diede Molière (con qualche innesto). L’ottimo cast è impreziosito dall’interpretazione di Nando Paone, che incarna con autoironia i patimenti di Sganarello, senso comune fatto servo, sacrificato alla vana causa di riportare sulla retta via il padrone Don Giovanni (un convincente Preziosi), impenitente libertino, rubacuori dal cuor di pietra, emblema di insanabili contraddizioni. Astuto e incosciente, blasfemo e rivoluzionario , cinico calcolatore e convincente imbonitore, “ladro gentiluomo” di desideri, Don Giovanni vive , tra una scappatella ed un duello riparatore, un dramma umano talmente eccessivo da sembrarci, paradossalmente familiare…Non parliamo certo delle magnifiche sorti del libertinismo nell’odierna società permissiva che fa del godimento un vessillo. Fortunatamente la lettura di Preziosi va un po’ oltre il banale ammiccamento all’attualità, ai tanti “dongiovanni” che affollano la scena pubblica, gettando piuttosto un occhio alla metafisica. Già, perché il fascino senza tempo di questo mito si spiega nella natura “fantasmatica” di Don Giovanni, fantasma estemporaneo (maschile e femminile) dell’ uomo “cui non manca niente”, dell’uomo la cui potenza e vitalità non si lasciano scalfire dai rischi del desiderio autentico, preferendo piuttosto perdersi nella ricerca interminabile e mortifera del mero appagamento dei sensi, in un mondo dove, morto Dio, tutto è possibile.
Questa natura spettrale del mito è ben suggerita dalle scenografie a firma Fabien Iliou, che ricreano questa dimensione straniante e metafisica sfruttando sapientemente profondità, proiezioni ed effetti ottici(Da segnalare anche i costumi a cura di Marta Crisolini Malatesta e le musiche di Andrea Farri).
Un’ altra pista che lo spettacolo segue è quella della “miscredenza”. Già, perché il vero peccato di Giovanni è quello di non credere. Giovanni non crede nelle virtù del suo tempo, pie illusioni che celano un’ ipocrisia estesa a tutti i livelli sociali. Giovanni non crede alle parvenze sociali, e quindi non crede alle parole, che scivolano sul suo erotico furore, lasciandolo indenne se non vivificato, nei suoi beceri propositi.Pur con alcuni cedimenti di ritmo e di mordente, lo spettacolo di Preziosi riesce a dare spessore ad un dramma che ha ancora da dirci molto – al di là della dialettica moralismo/bigottismo- sui cortocircuiti dei nostri più intimi desideri. In questo caso (non è così in tutte le versioni) Giovanni sceglierà le fiamme piuttosto che la redenzione , e finirà poi per fondersi in quello schermo della fantasia che lo ha partorito, incarnando per sempre il mito della vita estetica, delizia e croce dei senza Dio di ieri e di oggi.
Amedeo Junod