E’ strano pensare che solo un secolo fa fosse scandaloso, o comunque poco accettabile, che una signora borghese, con marito e figli, potesse scrivere per il teatro. Poche sono, infatti, le scrittrice italiane che, fino alla metà del ventesimo secolo, si poterono dedicare alla drammaturgia, essendo quella del teatro giudicata ancora un’arte frivola e per certi sensi immorale, molto più congeniale ai maschi,a i quali era concesso anche di scherzare su argomenti ritenuti tabù. Figuratevi se poi l’autrice in questione decidessi di ispirarsi, per i propri copioni, alla pochade francese, quella di Hannequin o Feydeau, tanto in voga in quegli anni, piena di doppi sensi, adulteri, e amori more uxorio, per giunta raccontati con ironia e leggerezza. Fu per questo che Emilia Vaglio, moglie dell’avvocato Caro Capriolo, decise di firmare i suoi scritti anagrammando il nome del marito, facendo nascere così Paolo Riccora prima, poi, con più coraggio, Paola Riccora. Con questo nome la Vaglio firmerà tantissimi copioni, portati in scena dalle più importanti compagnie napoletane e non solo. Di lei parla il libro scritto dalla giornalista Maria Giovanna Grifi, studiosa di teatro e di letteratura, ma anche discendente della Vaglio, elemento non trascurabile, quest’ultimo, in quanto il libro gode , non solo dell’approfondimento analitico e storico di un’esperta del settore, ma anche dell’affetto orgoglioso di chi sente nel proprio DNA quello spirito battagliero e passionale che caratterizzò la vita e la carriera della Vaglio. Nel libro troviamo presenza importanti, che importanti furono nella vita della scrittrice, fra tutti il premio Nobel Luigi Pirandello, che ebbe per la collega parole di elogio e di ammirazione, dopo aver assisitito ad “Angelina Mia”, per la particolare cura che ella aveva nel creare non solo macchine teatrali ma anche profondi profili psicologici per i suoi personaggi, e ne furono consapevoli anche i grandi protagonisti della scena di quegli anni, da Raffaele Viviani, alle dive della scena Dina Galli e Paola Borboni. Naturalmente fu fondamentale il rapporto coi fratelli De Filippo, che utilizzarono i suoi copioni per il loro debutto, con la stessa considerazione e passione con cui utilizzarono poi quelli del papà Eduardo Scarpetta, ma che portò anche una delle più grandi delusioni ed Emilia, quando avvenne il doloroso litigio con Eduardo, quando quest’ultimo, ritenne di doversi misurare con altra drammaturgia. Un libro importante, questo “Chiamatemi Paola Riccora”, pubblicato dall’ editore “Il Mondo di Suk”, per almeno due motivi, innanzitutto, naturalmente, quello di dare giusto rilievo alla memoria per un’autrice che ha significato tanto per il teatro italiano, ma anche per la particolare ed accattivante veste di romanzo che l’autrice ha voluto che questo avesse, non solo un documento, quindi, ma anche una lettura piacevole, con momenti di particolare accoramento, tra cui ci piace ricordare l’importante travaglio di Emilia, che la vede decidere, di fronte al dissesto finanziario della famiglia, di intraprendere in maniera professionale quello che in cuor suo aveva sempre coltivato come passione: la scrittura. La pregevole veste editoriale del volume offre anche la possibilità, in appendice, di sfogliare l’album fotografico che vede la protagonista ritratta in momenti importanti sia per la sua vita privata che per la sua carriera.