“Anime Nere”, tragedia cinematografica nella Magna Grecia contemporanea

Fabrizio Ferracane
Fabrizio Ferracane

Luciano, Rocco e Luigi sono tre fratelli, tre aspetti di come la malavita organizzata, in questo caso quella calabrese, possa attecchire in maniera differente. Luciano (Fabrizio Ferracane), il maggiore, si illude di poter sfuggire dal destino che macchia la famiglia

Marco Leonardi
Marco Leonardi

dal giorno in cui il padre fu ucciso per una vendetta trasversale, e vive tra le sue capre, in Aspromonte. Incredibilmente, quindi, proprio lui che è rimasto nella terra dove il crimine sembra non lasciare scampo, tenta l’esclusione dalle logiche del crimine stesso a cui il fratello minore, Luigi (Marco Leonardi), aderisce con l’attività di narcotrafficante, mentre Rocco (Peppino Mazzotta), apparentemente distaccato, a Milano è un’imprenditore edile che ricicla il denaro sporco del fratello.

Peppino Mazzotta
Peppino Mazzotta

Questo il prologo. Si, perchè “Anime nere” del regista Francesco Munzi, che egli stesso ha sceneggiato con Fabrizio Ruggirello e Maurizio Braucci ispirandosi liberamente all’omonimo romanzo di Gioacchino Criaco, può essere considerato a buon titolo una moderna tragedia sofoclea, in cui il libero arbitrio viene soffocato da un destino ineluttabile. Bellissime inquadrature, che donano alle crudelissime immagini una poesia alla quale un certo cinema di denuncia contemporaneo ci aveva disabituati, bravissimi gli interpreti, a cominciare da Ferracane, eroe tragico per eccellenza che nel dolore intinge l’arma della vendetta, e così anche Mazzotta, che conferma il suo meraviglioso talento, ed il ritrovato Leonardi. Una menzione a parte la meritano il giovane Giuseppe Fumo, che interpreta il predestinato al sacrificio, Leo, un Polinice contemporaneo, e Barbara Bobulova, mai stata così brava. Il film, presentato all’ultima Mostra di Venezia, ha vinto alcuni riconoscimenti collaterali, ma avrebbe, a nostro avviso, meritato molto di più.

GmC

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