“Alice”: da Lewis Carrol a Momix

La nuova produzione di Moses Pendleton al Teatro Verdi di Firenze

Una settimana all’insegna di Momix quella da martedì 19 a domenica 24 novembre 2019. A Firenze, passando davanti alle porte del Teatro Verdi, una folla composita si riunisce entusiasta per assistere all’ultimo spettacolo firmato Moses Pendleton, “Alice”.

Dagli Stati Uniti al mondo intero, Momix è la parola che unisce generazioni e gusti diversi. La forza della compagnia sta nella capacità di giocare con luci e forme e soprattutto nella prestazione fisica dei danzatori: soltanto sette interpreti a introdurci in un mondo fantastico e a rivelarsi nella loro umanità solo al momento degli inchini, elegantemente coreografati come se i danzatori fossero essi stessi arte. Il mondo è quello di “Alice nel paese delle Meraviglie”, romanzo scritto da Lewis Carrol nell’ormai lontano 1865; una storia mediata dalle sue rappresentazioni cinematografiche e disneyane e quindi tutta da scoprire e da reinterpretare nella sua integrità originaria secondo la sensibilità del regista di turno. Moses Pendleton si rivela in questo mai banale, trascinando Alice nella propria dimensione artistica; così si esprime: «I donʼt intend to retell the story, but to use it as a taking off point for invention. Alice is a natural fit for MOMIX and an opportunity for us to extend our range. I want to take this show into places we havenʼt been before in terms of the fusion of dancing, lighting, music, costumes, and projected imagery».

I danzatori giocano con la tecnologia, con la luce, con la musica, con le forme e con le proiezioni sullo sfondo. La scenografia è fatta di quinte piatte che si sovrappongono e si rivelano a vicenda nel proprio trasformismo: ora sono un bosco, ora un mare, ora un caleidoscopio, ora un sogno. Interessante l’uso delle stoffe a simulare la deformazione di corpi e la proposta di forme sempre nuove, così come l’adozione degli specchi per duplicare immagini, luci e mondi. Tipica di Momix anche la sospensione dei personaggi a mezz’aria: una trovata né inedita né sorprendente se si pensa allo spettacolo ospitato nello stesso Teatro Verdi nel 2015, quello stupefacente della No Gravity Company di Emiliano Pellisari. I voli dei personaggi sono tuttavia sempre piacevoli, programmatici e necessari in un mondo onirico come quello di Alice, dove tutto è possibile.

Geniale e personalissima l’interpretazione di alcuni personaggi: non tanto quella della protagonista Alice, tradizionalmente ingrandita, rimpicciolita, raddoppiata, curiosa e confusa, ma piuttosto quella del Brucaliffo, diviso in cinque grandi palloni e da altrettanti danzatori con la loro molteplicità di arti. Personalissima anche la visione del Bianconiglio, della Regina di Cuori e dei bellissimi funghi. Lo spettacolo è organizzato in tanti quadri colorati che non possono stancare lo spettatore, curioso ogni volta di vedere chi e cosa arriverà dopo e in quale altro fantastico universo sarà proiettato. Non manca quasi niente, da atmosfere romantiche si passa ad altre più divertenti e ad altre ancora più cupe che si offrono a diverse interpretazioni e letture a seconda dell’età e della sensibilità del fruitore. Forse complice un pubblico eccessivamente composito, manca soltanto quell’atmosfera sacrale che lo spettatore più affezionato si aspetta di ritrovare a teatro; la popolarità, se garante del successo di Momix, rischia di farne un prodotto commerciale e poco squisitamente artistico. Come salvarsi? Forse rifugiandosi in dimensioni protette come quella televisiva, fruibile nel privato come è spesso il caso del Cirque du Soleil.

Firenze – TEATRO VERDI, 22 novembre 2019.

Benedetta Colasanti

ALICE – Produzione: Momix; soggetto: Lewis Carrol; regia e coreografie: Moses Pendleton.

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