“Occhi delinquenti”, l’odissea anarchica
di Giovanni Passannante

sabato 7 maggio ore 20.30
domenica 8 maggio ore 18
 
TEATRO ZTN
Vico Bagnara 4, Napoli
 
OCCHI DELINQUENTI
L’autopsia da vivo di Giovanni Passannante
di Antonio Mocciola ed Edgardo Bellini
Regia Gennaro D’Alterio
con
Francesco Petrillo
Vincenzo Nigri
Giuseppe Brandi

Con coraggio folle ed estremo, un anarchico lucano, Giovanni Passannante (Francesco Petrillo), in una calda mattinata napoletana, attenta con un taglierino alla vita di Re Umberto I. Pagherà con un ergastolo peggiore di una condanna capitale, sotto le mani distratte e feroci di falsi scienziati (Vincenzo Nigri) e psuedo-medici (Giuseppe Brandi).

Nel tramonto dell’800, in un’Italia ancora (troppo) giovane, un gesto disperato di un carneade scuote i nervi fragili della politica nazionale.

In uno spettacolo teso e lacerante, scritto con Edgardo Bellini per la regia di Gennaro D’Alterio, si chiude la “trilogia dei regicidi che Antonio Mocciola ha inaugurato con Gaetano Bresci e proseguito con Pietro Acciarito.

Tre uomini, tre giovani anarchici accomunati da un solo motto: “Non volevo uccidere un uomo, volevo uccidere un Re”. Ci riuscirà solo Bresci, all’alba del ‘900. Troppo presto, o forse troppo tardi.

 

Indignò per anni l’opinione pubblica la punizione tremenda ed inumana (passata per esemplare) che fu inflitta all’anarchico lucano Giovanni Passannante, colpevole di aver tentato di colpire Re Umberto I, provandogli una lieve lesione. Ma soprattutto colpevole di essere un plebeo della “Bassa Italia”. In un paese appena unito (ma tutt’altro che coeso, e con smanie di vendetta dei Savoia per la piaga del brigantaggio) tanto bastò per scaraventare il 29enne di Salvia in una torre sotto il livello del mare, a Portoferraio sull’isola d’Elba, all’epoca un poverissimo scoglio di pastori.

In una cella più bassa della sua altezza (140 centimentri, mentre lui era altro un metro e 63), perennemente incatenato ad una corta e pesante catena di 18 centimetri, con un pavimento in terra battuta che lasciava infiltrare l’acqua, in un buio perenne che lo portò lentamente alla cecità, alla desquamazione della pelle, allo scorbuto derivante dalla lordura in cui viveva, alla follia, Passannante incredibilmente sopravvisse.

E dopo 10 anni in quelle inumane condizioni, fu trasferito in manicomio, dove morirà dimenticato da tutti. Per ritorsione, i Savoia cambiarono il nome del suo paese in Savoia di Lucania, ed arrestarono ed internarono tutta la sua famiglia, fomentati dalle micidiali teorie razzistiche del medico veronese Cesare Lombroso, che lo definì “fisiognomicamente atto a delinquere”.

Gli abitanti dell’isola d’Elba sentirono per anni le urla strazianti del condannato fino a parecchi metri di distanza, mentre i deputati che andavano a visitarlo dichiaravano, scandalosamente, di vederlo “abbastanza bene” e addirittura “in esilio volontario (Giovanni Nicotera, ministro dell’interno)”. Attorno a lui, i movimenti anarchici provocavano continui subbugli solidali, persino nella lontana Londra, ma nulla si mosse, mai. E il suo paese si chiama ancora oggi Savoia di Lucania.

La Gazzetta Piemontese del 2 aprile 1879 invitava perentoriamente gli italiani a voltare pagina: “L’episodio del 17 novembre deve essere scacciato per sempre dalla nostra memoria. Solo così Passannante tornerà ad essere l’imbecille, l’illuso sconosciuto e disprezzato di prima. Egli non sarà martire di nessuna idea, ma un anonimo malfattore volgare che sconta la sua pena. Dimenticate Passannante”.

info e prenotazioni   351 9102405
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