Torna in scena Ritornanti di Enzo Moscato, liturgia laica in forma di trittico teatrale.

Circa venti anni dopo il suo debutto, torna in scena Ritornanti, un classico del teatro di Enzo Moscato che, nato nel 1994 sotto forma di monologo, ha acquisito dal 2001 una veste plurale, veste in cui la voce e il gesto di Moscato, autore e interprete sempre lirico, caustico e ipnotico, incontrano la voce e il gesto di Little Peach, personaggio indimenticabile, stripteuse son malgrè, interpretato dall’energica e intensa Cristina Donadio, suggestiva ed emozionante musa del teatro moscatiano, e la presenza forte ed evocativa del giovane Giuseppe Affinito, cresciuto seguendo le orme del grande Maestro.

Liturgia laica in forma di trittico teatrale, in quanto incardinata su tre monologhi, il già citato Little Peach, e altri due tratti da Spiritilli e Cartesiana, la pièce si offre al pubblico come vero e proprio rito celebrativo, rito a cui si partecipa ora con struggimento, ora con ironia, ora con dolore, ora con stupore, trascinati dalla temperatura medianica e divinatoria del testo e della messinscena che, diretta dallo stesso Moscato, esplora, interroga e riordina, con demiurgica precisione, misteriose tessere dell’esistenza, arcane risonanze della voce, divergenti declinazioni dell’essere e del non essere.

Con Ritornanti, Moscato traduce in esperienza drammaturgica, un’operazione intellettuale che riconosce intimamente connessa alla sua stessa poetica: Ri-tornare, ri-percorrere, ri-sentire, ri-pronunciare, è, forse, l’atteggiamento che pratico di più, e più spesso, con le mie cose di teatro – istruisce Moscato nelle note di regia -. Soprattutto all’indomani della prima di un nuovo spettacolo, quando, magari, (e miracolosamente) mi sia riuscito di mettere a punto qualche significativa svolta, formale o tematica, lungo il mio, non sempre lineare, camminare drammaturgico: qualche nuova rottura, qualche nuovo azzardo, qualche inedito desiderio di “ferita” o salto, linguistici, nell’ignoto vuoto dell’“espressivo” (rubo, con piacere, questo termine, ad Anna Maria Ortese). Del resto, nessuna parola già detta andrebbe abbandonata mai, in teatro. Nessun movimento, nessun gesto, nessun respiro, già vissuti, dovrebbero venir considerati finiti, de-finiti, esautorati. Morti.

In effetti, coloro i quali hanno attraversato, in questi ultimi trent’anni e oltre, la poesia e l’immaginario di Enzo Moscato, sanno quanto la parola del Mestro sia sempre gnostica, foriera di luce, rivelatrice di oblique e inedite rifrangenze dal reale e sono in grado di percepire la densità profetica e carnale, al tempo stesso, di questa edizione di Ritornanti, che ci spinge potentemente, proprio come la Donadio immensa in Little Peach, all’interno di una ricognizione onirica che sonda il limite, l’inesprimibile, l’anello linguistico ed emotivo che salda magicamente insieme assoluta perdizione e grazia senza fine.

Infine, da rilevare le bellissime musiche di Donamos e Pappi Corsicato, i costumi dell’atelier Alessio Visone e le sculture dell’artista Antonella Romano.

Napoli, Sala Assoli, replica del 15.01.2023

 

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